domenica 29 agosto 2010

OGNI DOMANDA, UN GRAFFIO NELLA MEMORIA.

Inizia a dispiacermi.
Che la gente gli rida alle spalle. Che anche chi non lo conosce di persona mi chieda perché gli piaccia mettersi in ridicolo. Che sembra un pagliaccio. Che fa espressioni da cretino. Che si concia in modo buffo. Che è diventato un personaggio. Che è diventato un fenomeno da baraccone. Che, che, che. Le voci della gente mi si affollano nella testa, si sovrappongono, si confondono, si mescolano e creano un rumore assordante, come un coro che non va a tempo, come un'orchestra scordata.
Quando la rabbia mi attanagliava il cuore provavo anche un po' di piacere sadico nel sentire queste voci.
Ma adesso che mi sento libera, che ho fatto pace con me stessa e con lui, mi dispiace.
Vengono a chiederlo a me perché è così. Come fossi responsabile della vita altrui. Come fossi IO responsabile. Io alzo le spalle, scuoto la testa e rispondo solo: "non era così".
E muoio dentro.
Perché con quella risposta cerco di giustificarmi io in prima persona, per essere stata con lui. Come me ne vergognassi. Cerco di far capire che, si, è vero, sono stata con lui, ma non con IL lui di ora. Quando invece mi spingo oltre e tento di giustificare lui, cerco di spiegare timidamente che "è solo una maschera. in realtà sotto c'è di più", ma d'altronde capisco che chi lo vede solo dall'esterno non può credermi, non può capirlo, non può vedere. Vedono solo ciò che è visibile.
E muoio dentro.
Vorrei che non mi chiedessero più, che mi lasciassero in pace. Perché quello che loro vedono solo ora, io l'ho visto germogliare e crescere, e ne ho sofferto. Perché ogni giorno in cui quel processo avanzava, lui si allontanava da me e da quello che piaceva a me, fino alla fine. E ogni volta in cui mi chiedono spiegazioni io rivivo quel processo, la rabbia e l'impotenza che provavo nel non poterlo arrestare. La forza che mi ci è voluta nel doverlo accettare, metabolizzare e ripartire da sola. Maschero il dolore con un sorriso e qualche battuta ironica, ma in realtà è malinconia. Rammarico.
Perché comunque gli voglio bene. E che la gente mi venga a dire che si rende ridicolo, per me è una pugnalata. Anche se le nostre vite non sono più unite. Anche se io non sono più con lui e lui non è più con me.

domenica 22 agosto 2010

UNA CORSA VERSO LA VOGLIA D'AMARE

Ogni tardo pomeriggio estivo, calzo le mie scarpe sportive, scendo di fretta le scale e mi rifugio nelle strade di campagna intorno a casa mia. L'iPod acceso mi fa ascoltare canzoni che ho catalogato sotto la voce "Happy Playlist", brani di quelli che mettono carica, buonumore e ti fanno sorridere al mondo. Inizio la mia corsetta quotidiana, incrocio vecchine che portano a spasso il cane e anziani che si dedicano con cura ai loro orticelli. Mi guardano con diffidenza, ma io dispenso sempre un sorriso e un saluto, e allora vedi le loro facce, all'inizio un po' confuse, distendersi e ricambiare la cortesia. Che mondo strano ci siamo creati; diffidenti verso i passanti, diffidenti verso gli altri, diffidenti verso noi stessi. Non ci si fida di nessuno, e allora non si regala nemmeno un saluto, che non costa niente ma dà tanto. A me non importa tutto questo, io avrò sempre un sorriso per il passante che mi incrocia e spero che quel sorriso possa anche solo per l'istante che dura, aprirgli il cuore e regalargli un po' di serenità. Guardando a destra vedo un campo di girasoli che si espande gioioso, e dall'alto i raggi caldi del sole sembrano farmi il pieno di energia per affrontare il mio percorso. Respiro la libertà in quel momento, ed è strano che questo accada proprio quando la corsa mi toglie il fiato. È un momento di riflessione quello che vivo ogni pomeriggio dalle sei e mezza alle sette e mezza. Oggi, ad esempio, pensavo a quanto avrei voglia di innamorarmi. Di un ragazzo, intendo. Sono già innamorata di tante cose: della scrittura, del francese, dell'amicizia, del mare e del buon cibo. Eppure qualcosa manca in tutto questo. Mi manca il fatto di amare qualcuno che sia innamorato di me. Mi manca una persona particolare con cui percorrere insieme un cammino, senza ostacolarsi, ma tenendosi per mano quando si è vicini e tenendosi a mente quando si è lontani. Così ho iniziato a pensare a come vorrei che fosse questa persona. Molti aggettivi si sono affollati nella mia testa; dinamico, brillante, intelligente, premuroso e profondo, un po' pazzo e con la voglia di vedere le meraviglie che ci offre il mondo, sempre pronto a fare una valigia e partire per una nuova avventura. Sincero con me e con gli altri. Fedele. Che creda in qualcosa, che abbia ideali, non necessariamente uguali ai miei, ma che ne abbia di solidi, e che sia disposto a difenderli con coerenza. Vorrei una persona che mi dicesse "domani prendiamo la tenda e si parte". Per dove? Non importa. Ogni posto del mondo merita la nostra attenzione. Vorrei poter fare lo stesso io con lui. Vorrei una persona che non mi ostacoli nelle scelte che compio, che mi sostenga e sia sempre pronta ad allargare i miei orizzonti, ad incoraggiarmi quando mi sento scoraggiata e a consigliarmi i percorsi migliori per arrivare in alto quando la nebbia mi impedisce di vedere oltre il mio naso. Ecco, vorrei qualcuno che apprezzasse gli sforzi che ogni giorno faccio per raggiungere la vetta delle mie aspirazioni, come io farei con la persona che mi è accanto. Aiming High. Puntare in alto. Perché è stupido restare a terra quando si hanno le potenzialità e i mezzi per sorvolare il mondo e per guardare le nuvole da sopra come fossero una valle di neve.
In tutta sincerità non credo di pretendere troppo. Non voglio più accontentarmi, perché anche grazie a molte persone intorno a me, ho capito di essere davvero preziosa, e di meritarmi tutto questo.
Non credo nemmeno a chi mi dice che questa persona non esiste; se esisto io, con i miei valori e la mia profondità, ne esisteranno anche altri come me, perché è vero, mi sento speciale ed unica, ma non "l'unica migliore". Ritenersi speciali ed unici non equivale ad essere presuntuosi; tutti siamo speciali ed unici, con le nostre peculiarità. Al contrario, se pensassi di essere "l'unica migliore", allora si che peccherei di immodestia.
La strada del ritorno si avvicina. Il cancello di casa appare nella mia visuale. Oggi ho delineato il ritratto della persona che vorrei accanto. Sono giunta alla conclusione che sono più stancanti i pensieri che mi vengono in mente della corsa che toglie il fiato. Eppure ogni volta che col fiatone e il sudore sulle tempie mi appoggio alla maniglia del cancello per aprirla, mi sento arricchita.
Esplorare se stessi è il modo migliore per relazionarsi anche con gli altri, per capire verso quali persone incamminarsi e quali sono quelle da cui allontanarsi. Sempre però con un sorriso ed un saluto pronto per tutti.