lunedì 27 dicembre 2010

L'ISOLA DI UTOPIA

L'impulso irrefrenabile di correre verso questo spazio a cercare rifugio si è di nuovo manifestato più impellente che mai. Un malessere strisciante e ovattato mi scorre sottopelle e mi fa vivere con l'amaro in bocca. Sono una fedele sostenitrice dell'Armonia, sarebbe bello vivere in serenità con le persone che ci circondano, addolcendo le divergenze e rifuggendo gli scontri, agendo nell'ottica di preservare la tranquillità propria e degli altri. Evitando sempre il buonismo e l'ipocrisia, ma mitigando gli istinti che derivano dalla nostra indubbia origine animale tramite la ragione ed il buonsenso. Non si può certo dire che io sia un'attaccabrighe. E soprattutto sento sempre quel campanello d'allarme dentro di me che come un monito solenne mi invita a non ferire gli altri. Forse perché da che sono al mondo di parole taglienti e irrispettose verso il prossimo ne ho sentite tante, e anche quando non erano indirizzate a me, mi hanno lasciato lacerazioni che col tempo si sono più o meno cicatrizzate. Ma non sono comunque scomparse. Amo la mia famiglia, in senso allargato, in tutti i suoi componenti. Ne conosco perfettamente i difetti e le mancanze. E gli altri conosceranno i miei. Ma non aspiro e non aspirerò mai alla Perfezione. Anche perché, dal mio umile punto di vista, sarebbe indice di boriosa supponenza poter stabilire per tutti quale sia il canone della Perfezione. Capisco che ognuno vede il mondo dal suo sguardo, che non è il mio, e democraticamente accetto la molteplicità di prospettive che si accumulano e si intrecciano quando inevitabilmente i membri di una comunità, un gruppo, una società si incrociano per tempi più o meno brevi durante le loro esistenze. Ne accetto anche gli errori, senza attribuirgli un peso sproporzionato alla loro entità, senza colpevolizzare troppo gli altri, forse anche minimizzando, perché sempre in virtù della mia Umiltà, ho un senso della realtà tale da farmi pensare che domani potrei essere io a commettere uno sbaglio, ed essendo già una persona molto dura e severa con me stessa (e qui mi risuona il discorso di circa 5 anni fa dello psicologo... ora non ne ricordo le parole esatte, ma il senso è entrato in me, è vivo più che mai, e da quel giorno ho promesso a me stessa di non dimenticarlo più: "sei stata troppo responsabilizzata dagli altri. sei il più severo giudice di te stessa, ti punisci prima che lo facciano gli altri, e forse più duramente di quanto gli altri farebbero. Anche quando non hai colpe.") vorrei avere intorno a me persone comprensive, che non mi facciano sentire una pericolosa criminale, ma semplicemente quella che sono a prescindere dalle divergenze, una brava persona, com'è nella mia Essenza, che come ogni essere umano ha quella caratteristica (ed anche diritto) che si chiama Imperfezione, e che a volte conduce agli errori. Penso che ogni lite sia come un'accetta che si abbatte su un albero. Un'accettata all'anno non fa certo crollare una sequoia, ma l'intaccatura rimane evidente ogni volta che un colpo viene inferto. Ed i suoi effetti si protraggono più o meno evidenti nel tempo.
Per questo, forse idealizzando, vorrei che le esistenze che si intrecciano nel tessuto sociale, ed in piccolo, familiare, siano governate da una Libertà che persegua l'Armonia. Libertà propria e degli altri. Armonia propria e degli altri. Detta alla Thomas More, potrebbe trattarsi di un'Utopia; eppure credo che basti solo un po' di volontà. Io cerco di farne uno stile di vita. Proprio in virtù di questo, lascio chi non la pensa come me, perseguire la propria Disarmonia e conquistarla con i mezzi che ritiene più opportuni. Io li osserverò, pur soffrendo, dalla mia isola di Utopia.

domenica 19 dicembre 2010

UN CUORE DA APRIRE. UN CUORE DA PROTEGGERE. E LA SCRITTURA CHE APRE E PROTEGGE.

Forse è un innato istinto di protezione che mi porta a proteggere quei primi sentori di rinascita che fioriscono dentro di me. Ho provato a smentirmi, a negare, a sorvolare e finalmente ad affrontare come sempre, come è nel mio stile, il viaggio introspettivo tra le pieghe del mio esistere. La realtà è che ormai è innegabile, che non posso più nascondermi, che non posso più negarlo a me stessa, eppure sono restia a esternarlo al mondo. Perché sono gelosa di quello che sto ricominciando a vivere, perché ho paura che gli altri possano scalfire la magia di una mia rinascita sentimentale, perché forse è qualcosa di ancora così piccolo e fragile, seppur dentro di me immensamente grande, che ancora mi sembra prematuro tempestare di manifesti il mondo. Anche se c'è una parte di me che vorrebbe urlarlo a squarciagola; che sto bene di nuovo, che sono felice, che qualcuno ha di nuovo catturato il mio cuore e ci danza dentro tracciando vorticose e leggiadre evoluzioni nei miei pensieri. Rivivo quei fremiti nel vedere un sorriso e uno sguardo perso dentro il mio, considero quasi con sacralità i momenti trascorsi insieme e risuona in me quel "tu me lasse e io conto ll’ore" che mi sono sentita sussurrare ad un orecchio in una fredda serata invernale.
Ho avuto la necessità di trascrivere il crescendo inaspettato e delizioso di emozioni in cui sono immersa in questi giorni per prenderne atto. E nell'oscillazione indecisa tra il dirlo al mondo e il racchiudere tutto fra le mani per non farlo morire al gelo delle opinioni altrui, ho deciso di scriverlo qui, nel mio rifugio preferito, e di lasciare tutto alla scrittura, "unico efficace canale di comunicazione con me stessa". Ho deciso anche di vivere senza risparmiarmi quello che mi sta accadendo, perché risparmiarsi porta ai rimpianti, perché è bello abbandonarsi ai sentimenti, soprattutto a quelli belli, assecondarli e farli crescere, volare verso le mete che vogliono raggiungere, volarsi intorno e vivere nello stupore di un'amicizia che non c'è più, perché è evoluta, perché è cresciuta e risorta in un'altra forma. Approfitterò di ogni singolo momento che mi offrirà la possibilità di trascorrere del tempo insieme, sarò pronta a viaggi verso l'ignoto, all'avventura e agli abbracci calorosi di chi mi ha di nuovo aperto il cuore. Il mio percorso verso la libertà ha raggiunto un altro traguardo. Mi sono liberata dalla paura d'amare. E d'essere amata. Ed ora che l'ho scritto, mi sento ancora più libera.

giovedì 2 dicembre 2010

"CHE SINTOMI HA LA FELICITÀ?"

Tante volte siamo così occupati a ricercare soluzioni ai nostri mali, che ci sfugge il bene anche quando è sotto ai nostri occhi. Non facciamo altro che dare importanza alle persone che ci causano malesseri, malumori, e tutto quanto comincia col prefisso mal- . E il buonumore? E lo stare bene? L'essere sereni, felici, respirare la libertà e l'allegria? Spesso ci facciamo scrupolo di vivere questi sentimenti, quasi fosse una vergogna, quasi fosse necessario mostrare agli altri di non stare troppo bene, come se ci si dovesse giustificare con un mondo oppresso da sentimenti cupi quando facciamo cose che ci fanno sorridere e ci mandano a dormire col cuore leggero. Quasi la felicità fosse una colpa, un reato da nascondere e occultare. Bisogna sempre mostrarsi superindaffarati, superstressati, superansiosi e superdicorsa. Divertirsi ma non troppo. Ma chi l'ha detto?
Cerco di sganciarmi da questa gabbia di preconcetti, cerco di non vergognarmi delle mie felicità, al contrario di coltivarle. E se musi lunghi e tenebrosi guardano di sottocchio e con disprezzo il mio essere raggiante e attiva, beh peggio per loro che non riescono a coltivarsi la propria felicità, e vivono nell'infelicità augurando la stessa loro condizione agli altri. Ho tante persone che mi vogliono bene, ed ho deciso di curare a fondo ogni rapporto che merita di essere approfondito. Con spensieratezza ed intelligenza. Come sempre. In questo periodo come non mai vedo intorno a me un affetto enorme ed io non lo respingo, al contrario lo accolgo. Non mi importa se devo spostarmi ogni giorno in un luogo diverso. Non importa. Gli spostamenti fanno parte della vita. Sono percorsi da esplorare. Da vivere. Voglio tenere in mano le redini della mia vita, segnare il mio percorso ed essere dinamica, perché il dinamismo è la vita e la staticità è la morte. Sono viva. Sono viva ed ogni mia cellula deve testimoniarlo. Perché nessuno può sapere per quanto ancora potrà vivere. E qualcuno è morto già senza accorgersene. Vivere, vita, quante volte l'ho ripetuto in queste poche righe? Non è un caso. Anche le parole devono essere animate e dinamiche, esprimere la vitalità di chi le scrive.
E così allontano da me tutti coloro che gettano anche un solo filo d'ombra sulla mia esistenza, ed accolgo con entusiasmo tutti quelli che la addobbano con colori sgargianti e luci di serenità.
Ho bisogno di volare in alto come quei palloncini d'elio che sfuggono all'ostaggio dei bambini alle fiere.
Finalmente mi sento pronta anche per questo nuovo periodo della mia vita.

mercoledì 17 novembre 2010

LA DOTTORESSA RINGRAZIA...

Un clima scherzoso e allegro reso speciale dalla presenza di tanti amici, il mio nome pronunciato ad alta voce, un corridoio, una sala affrescata ed una commissione di fronte a me; una discussione tranquilla e scorrevole, un brindisi, tanti abbracci e una gioia infinita. 

Ed ora sento di dover ringraziare tutti quelli che lo meritano...

I miei genitori che hanno sempre creduto nel mio potenziale.

Mimmi, perché con me ha toccato il fondo, e credeva come me di non avere le forze per rialzarsi, invece prendendoci per mano siamo rinate, assistendo in sequenza alle sconfitte e alle rivincite l'una dell'altra. Mai lontane, sempre complici.

I miei compagni d'università, caldo rifugio in un momento in cui ho saggiamente optato per una fuga dal dolore, inesauribile fonte d'energia nel momento in cui due potevano essere le mie reazioni agli eventi che mi stavano travolgendo: il cedimento, o la grinta rabbiosa nel voler risalire. E loro, più o meno consapevolmente, hanno saputo affilarmi unghie e denti per affrontare e ridisegnare il mio percorso di vita.
Uno in particolare, che con la sua leggerezza m'ha fatto capire che per ogni addio c'è un benvenuto, che la vita è imprevedibile e che ho tutte le potenzialità per volare alto.

Ringrazio anche chi mi ha buttato in quel baratro circa un anno fa, perché è grazie a lui che ho trovato in me la forza di rinascere dalle mie ceneri, di resettarmi e di compiere quella metamorfosi grazie alla quale sono diventata più forte e più sicura, anche se più diffidente. Lo ringrazio perché sono riuscita a passare oltre e ad essere persino felice perché era presente nel momento della mia laurea, e perché nonostante tutto lo reputo una persona importante, che niente ha a che vedere col passato, perché forse sono io che sono nuova, e un passato non mi sembra più neanche d'averlo.

Ringrazio chi non c'era, ma in realtà c'era più di chiunque altro.

E ringrazio me, per la forza e l'energia che ho speso nel dirigermi dritta e inarrestabile verso questo importante traguardo.

giovedì 11 novembre 2010

L'UNIVERSO A COLAZIONE

Ancora assonnata e con numerosi pensieri in testa, sgomitanti e disordinati, come ogni mattina ho raggiunto la cucina ad occhi semichiusi ed ho preparato il caffè. Stamattina, per essere precisi ho provato la versione solubile "Caffè e Ginseng" così, tanto per sperare in un po' più d'energia, che negli ultimi giorni sta venendo meno, nonostante abbia migliaia di cose da fare, e tutto mi è concesso tranne che fermarmi a riposare.

Preparavo mentalmente i discorsi per la discussione della tesi - che si fa sempre più vicina... oggi siamo a menocinque - quando mi sono resa conto d'avere lo sguardo fisso sul contenuto della mia tazza. Avete presente quando quelle macchioline scure di caffè si spargono disordinate sulla distesa di latte insieme a tante piccole bollicine d'aria che vengono a galla? È in quel momento che ho visto l'universo a colazione! Mi spiego meglio; tutto sommato non è così strana una via lattea nel latte e caffè, ma quelle bollicine d'aria, erano loro a fare il cielo nella mia tazza! Ho visto le costellazioni a me più familiari, nelle loro giuste proporzioni e  nelle loro esatte posizioni... Ho riconosciuto l'esatta conformazione dell'Orsa maggiore, dell'Orsa minore e di Cassiopea. Stelle d'aria in una nebulosa di caffè e un universo di latte. Stelle d'aria più grandi, più piccine, comunque perfettamente inserite in quel microuniverso da bere. E in quell'universo ammetto di essermi persa con meraviglia, tanto che avevo una sorta di rispettoso timore nel consumare la mia colazione, come se stessi compiendo un attentato contro l'infinito.

venerdì 5 novembre 2010

L'ANGELO DELLA SERENITÀ

Ho sognato... una bambina con boccoli biondi e occhi azzurri, due guance paffute di quelle che le morderesti... Credo abbia avuto all'incirca cinque anni. Giocavo felice con lei, le facevo il solletico e lei rideva, rideva a crepapelle, felice. Le ho posato con fare materno un bacio sulla guancia, l'ho messa a letto e le ho rimboccato le coperte. Ho sentito il profumo fresco dell'infanzia e la liscia morbidezza di una pelle non ancora solcata dall'età. Li sento ancora. E la sua risata divertita risuona ancora in me. Era felice, raggiante e si sentiva al sicuro con me. Ho spento la luce della sua cameretta e augurandole la buonanotte.. mi sono svegliata. Mi chiedo chi fosse quella bimba, vedo la sua immagine ancora nitida, chiara come una fotografia, e grazie a quest'immagine mi sono svegliata con un'immensa serenità interiore. Mi chiedo se mai la rincontrerò nella realtà, se potrò ancora vedere quegli occhi che mi guardavano con devozione e simpatia e se potrò ancora sentire quella risata innocente che racchiudeva in sé la Felicità.

domenica 24 ottobre 2010

FABER EST SUAE QUISQUE FORTUNAE

Calcando ogni giorno le strade infinite del mondo, si fa crescente la conclusione che ognuno è artefice del proprio destino. Ci si può fermare ad accovacciarsi per raccogliere un'opportunità che sta sul ciglio della strada; si può proseguire ignorandola perché magari è l'opportunità giusta per altri, ma per noi può essere deleteria; o ancora, dal fango, dalla terra e da qualche erbaccia si può amalgamare la nostra occasione, come si può dare un calcio a tutti questi elementi perché anche se apparentemente funzionali nascondono trappole e marciume.

Faber est suae quisque fortunae, ed è per questo che preferisco un libro, una poltrona e il tepore rasserenante di una scoppiettante fiamma nel caminetto, alla mondanità, ai tacchi a spillo, alla musica assordante e agli sguardi eccitati e mercificanti di qualche manichino inamidato.
Le scelte che ho compiuto in passato si rivelano più che mai azzeccate, l'inconsistenza dell'apparenza è inconciliabile con il gravoso ma appagante peso della sostanza che da sempre mi contraddistingue.

Si percorrono i sentieri che conducono a ciò che più o meno consciamente ci attrae; chi è metodico non cercherà né scorciatoie né discese, ma considererà come più affidabili e fruttuosi solo i percorsi lunghi e in pendenza. Chi è convinto delle proprie potenzialità rifiuterà di calcare le orme di qualcun altro, e men che meno accetterà di percorrere una strada già spianata da qualche altro viandante; al contrario, cercherà percorsi selvaggi e riuscirà ad ammaestrarli e a bonificarli, estirpando le erbacce e mirando dritto al traguardo.
Diffidando dell'agio e benedicendo il sudore, si arriverà al successo e alla realizzazione.
Ogni altra alternativa non sarà altrettanto valida. Il massimo che può raggiungere chi si accontenta per propria debolezza d'animo, saranno tranquillità ed agio apparente, sotto al quale dimorerà per sempre un velo d'amarezza e infelicità che forse all'esterno non si manifesterà, ma all'interno sarà latente persecuzione per il resto dei giorni.

domenica 17 ottobre 2010

WAITING FOR GODOT. (O VIVERE CON LA SPIA GIALLA)

Ci sono momenti nelle giornate in cui ti ritrovi in attesa. Non sai bene di cosa, ti senti come fossi in standby con l'impressione che da un momento all'altro arrivi qualcuno a premere il pulsante d'accensione. Il più delle volte questo non accade e così trascorri settimane a "spia gialla" senza che diventi mai verde. O rossa.
Succede quando sei una persona libera e prigioniera allo stesso tempo. Succede quando metabolizzi l'esperienza e per questo ti senti più pesante, più imponente. Succede quando hai ali troppo grandi per camminare e troppo piccole per volare. Quando cammini lungo una strada cercando di affrettare il passo, ma le suole sono cosparse di sostanze collose che ci si sono attaccate qualche incrocio prima. Succede quando sei libera nella pratica, ma imprigionata nei pensieri.

martedì 12 ottobre 2010

ESASPERATA DAGLI OPPORTUNISTI

Mi sono davvero stancata.
Delle persone che mi cercano solo se sono in difficoltà e poi spariscono quando ho soddisfatto le loro necessità.
C'è chi si fa sentire solo in prossimità di un esame per avere un aiuto da me che sono sempre disponibile a prestare appunti e a spiegare regole. Ed io ci ricado ogni volta; perché se posso fare del bene con quello che ho imparato non mi tiro indietro, non mi risparmio e lascio che gli altri possano apprendere da me e dal lavoro che con fatica e continuità ho svolto nel corso degli anni.
C'è chi invece apprezza di me la versione da "psicologa", quella che analizza problemi e comportamenti, quella che ha una parola giusta per i momenti di sconforto e tristezza. Quando con la mia pazienza, il mio tempo e i miei consigli la malinconia svanisce e cede il posto all'euforia, allora queste persone ritornano sulla strada del divertimento e della spensieratezza e si dimenticano il percorso che hanno intrapreso per essere così allegri.
Ogni volta che rimango "sola", quando queste persone spariscono, prometto a me stessa di sparire anche io quando si rifaranno di nuovo vive alla ricerca di soluzioni ai loro problemi, eppure ogni volta puntualmente non mi attengo al giuramento, me ne dimentico, o forse il mio istinto di "salvare il mondo" prevale sul rancore e sull'egoismo.
"Come farei senza di te", quante volte me lo hanno detto... E quante volte mi hanno dimostrato che invece senza di me stanno benissimo.

domenica 3 ottobre 2010

I MIEI OCCHI, NON LI FACCIO LEGGERE

Nel corso degli anni mi sono più e più volte analizzata e sono giunta alla conclusione di essere una creatura al cui interno si combattono lotte all'ultimo sangue tra opposte sensazioni, istinti e idee. Spesso manco di sfumature, non riesco a vedere l'infinita varietà di alternative che si interpongono tra il bianco e il nero, tra il giusto e l'errato, tra il bene ed il male.
Così ho iniziato a riflettere sul mio rapporto con l'altro sesso. Sono prevenuta nei confronti del genere maschile, mi infastidisce anche il minimo tentativo di approccio, mi chiudo come un riccio e decapito qualsiasi comunicazione con la fermezza e la crudeltà di un boia sul patibolo. Ho come l'impressione che anche un semplice dialogo possa violare la mia persona, leggo la malizia negli occhi degli interlocutori, penso che vogliano scassinare il mio equilibrio e derubarmi della mia serenità solo per un loro tornaconto. Per questo non lascio speranze e possibilità a nessuno, allontano qualunque persona abbia la "presunzione" di potersi avvicinare a me per obiettivi che esulino dall'amicizia. Provo fastidio, vedo gli uomini come esseri viscidi e mi sembra quasi di avvertire questa viscidità sulla mia pelle già nel momento in cui mi chiedono di prendere un caffè o di scambiarci il numero di telefono. E' più forte di me, non riesco a far finta di niente, ad eliminare questa sensazione nauseante che mi pervade quando avverto il pericolo di invasione dei miei spazi, e allora abbasso lo sguardo per non farmi fissare negli occhi, perché poi è come se già sentissi quel banale complimento che ne consegue sul verde limpido del loro colore, cosa che mi imbarazza e che voglio evitare. Rifiuto inviti, dico che sono impegnata, che non ho tempo, che presto me ne andrò, che non è il momento, che...che...che...
Mi sento a disagio, vorrei lasciarmi andare, ma allo stesso tempo sono incatenata nel mio fastidio, nel mio disagio, nel mio essere estremista, anche nei sentimenti.
Mi ricordo quand'ero innamorata, quando tutte queste barriere erano capitolate nella frazione di uno sguardo, quando il fastidio si era tramutato in piacere, in lusinga, in amore. 
Mi dispiace non sentirmi più così, mi dispiace che fin dall'istante in cui conosco una persona e le stringo la mano per presentarmi sento quel brivido di ribrezzo, come se l'uomo che ho davanti, chiunque esso sia, porti con sé la sporcizia e il marciume di un mondo corrotto.
Può darsi che non sia il momento giusto per avere intorno a me qualcuno, nemmeno per la durata di una notte. Può darsi che come un eremita abbia bisogno di starmene in disparte, che sia un lupo solitario, un personaggio burbero che fa terra bruciata intorno a sé rendendosi inaccessibile agli altri.
Sono consapevole che c'è un momento giusto per tutto nella vita, che, per citare il grande Battiato, "la stagione dell'amore tornerà". 
Dovrei essere contenta, perché in questo periodo ho imparato ad amare me stessa, ma forse proprio per questo, vedo il resto del mondo come stupido, omologato, banale ed insulso, e non riesco più ad amarlo.
Forse devo solo avere pazienza, il prossimo step della mia crescita consiste proprio in questo, tornare ad avere fiducia negli altri e rendermi accessibile. Ora non è il momento.
L'unica cosa che non riesco a capire è perché, nonostante tutto, sono proprio i momenti che trascorro con la persona che più di tutte mi ha presa in giro quelli in cui non mi sento violata e aggredita, in cui depongo le armi e smetto di vivere sulla difensiva, in cui non abbasso gli occhi per non farmi dire che sono belli.
Chissà, col tempo magari capirò anche questo.

venerdì 24 settembre 2010

PERSONAGGIO E PERSONA... RIFLESSIONE FULMINEA IN UN BANALE DOPOCENA

Quando il personaggio eclissa la persona
Ecco che l'individuo perde identità e valore
Tramutandosi in bidone di latta dove echeggia un rimbombante silenzio.
Anche il personaggio migliore
Sentirà l'urlo stridente del vuoto
Se ha la presunzione di annullare la persona.

venerdì 17 settembre 2010

SHREK, NON SOLO UN "CARTONE"

Ieri sera dopo la pausa estiva torno a sedermi su una poltroncina del cinema, anzi del multisala (perché ahimè, ormai è esigenza diffusa vivere in un mondo dove tutto è spropositatamente gigante, e il piacere di essere immersi in tante piccole cose è ormai annegato nel mare del "macromondo").
Davanti a me l'ultimo capitolo di Shrek, film d'animazione che ho seguito fin dal primo episodio e che mi ha da sempre affascinata per il rovesciamento degli stereotipi della favola e per il sottotesto che incoraggiava ai valori sani, veri, insomma quelli che oggi sono stati spodestati dal trionfo dell'esteriorità, del narcisismo e dell'artificio.
Ora, penso che nell'ultimo "atto" si sia raggiunto da questo punto di vista il livello più alto che fosse possibile raggiungere, superando di gran lunga gli episodi passati. Forse meno comico rispetto ai precedenti (anche se non sono mancate le risate), la nuova storia degli orchi verdi ha saputo far leva su aspetti della vita di oggi che tutti noi viviamo e subiamo ogni giorno. 
Sotto le sembianze di Shrek si possono rintracciare le debolezze e gli errori di ogni uomo, la "miopia" nel non saper vedere e dare il giusto valore agli affetti e alle cose importanti della vita; nascosta tra le espressioni dolci e decise di Fiona si può ritrovare invece la sensibilità e la forza di ogni donna che soffre, rimane delusa, si sente sconfitta, ma poi riesce a prendere in mano il comando della situazione e a brandire una pesante ascia contro le difficoltà della vita. 
Sono uscita dalla "sala del multisala" con l'impressione che ancora una volta Shrek e Fiona ci abbiano dato una lezione; dopo averci insegnato che la bellezza esteriore è insignificante e stupida rispetto all'autenticità dei sentimenti, questa volta ci hanno fatto capire che incenerire una vita felice per rincorrere una felicità volubile e illusoria è facile, veloce e difficile da rimediare.

martedì 7 settembre 2010

MI MANCA

E ad un certo punto comprendi
Che il malessere che senti
Nasce dal bisogno
Di sentirsi importanti per qualcuno
In modo unico ed esclusivo,
Di ricevere quelle attenzioni
Da chi ti ama e venera
Come fossi il motore del suo mondo.
Ecco, questo mi manca.

domenica 5 settembre 2010

L'ABBRACCIO DELLE STAGIONI

5 settembre 2010 - Sole e Temporale dalla finestra della mia camera
Cadono lacrime pesanti sulla terra arida e assetata.
Goccia dopo goccia il suolo ritrova la vita, si inumidisce, si inzuppa, sparisce.
Sparisce sotto l'acqua.
E' saturo, non è più in grado di assorbire il pianto di un cielo assolato solo per metà.
I raggi aranciati e soffusi di un tramonto di fine estate squarciano le minacciose nubi nere,
Per confondersi con i fulmini maestosi ed imperiosi di un temporale d'inizio autunno.
Le stagioni si passano il testimone nella staffetta del tempo che scorre.
Cola copioso e ininterrotto sulle nostre esistenze, il tempo.
Ci colora di toni vivaci e spenti che accogliamo inermi
Come una tela abbandonata sul cavalletto.
Le stagioni si abbracciano appassionatamente
E nell'abbraccio si sfocano perdendo i loro contorni.
Spettatori della natura.
Spettatori impotenti e minuscoli,
Non possiamo che provare stupore
Di fronte ad un cielo nerarancio rigato di elettricità.
Non possiamo che sentire
Il primo brivido d'autunno
Sulla pelle ancora nuda e dorata.
E un desiderio si insinua fra le pieghe del nostro cuore
Assistendo alla danza del tempo:
Sfocarci anche noi in un abbraccio appassionato
Per attenuare quel primo sentore di gelo
Che percorre una schiena ancora accaldata.

giovedì 2 settembre 2010

PENSIERO DI COMPLEANNO

Due occhi teneri compongono uno sguardo da bambino.
Come un bambino, del resto, tu mi guardavi; 
Con meraviglia, come se in me leggessi tutti i segreti del mondo.
Pienezza in noi.
In questo giorno rivedo quello sguardo,
Sbiadito nella memoria,
Come un corpo che affonda nel mare,
Sempre meno nitido,
Sempre più lontano,
Sempre più sommerso.
Quell'innocenza è ormai infranta.
Un paio d'occhiali spessi nascondono quello sguardo.
Eppure c'avrei giurato, d'averlo visto ancora.
E oggi è riaffiorato un poco di più in superficie.
Sarà perché, come un lampo, 
Ho rivisto la dedizione per la ricerca di un regalo originale
Ho rivisto un giorno da trascorrere con i pochi affetti veri
E provo un grande rammarico
Per non aver dovuto frugare nel cassetto delle idee 
Alla conquista del Tuo regalo
E nel pensare che festeggerai con tanti conoscenti 
Che forse poco ti conoscono.
Anche se oramai
Quella che non ti conosce più
Potrei essere proprio io,
Quel messaggio d'auguri
Che nonostante tutto era per te
Il più sperato ed il più gradito.

domenica 29 agosto 2010

OGNI DOMANDA, UN GRAFFIO NELLA MEMORIA.

Inizia a dispiacermi.
Che la gente gli rida alle spalle. Che anche chi non lo conosce di persona mi chieda perché gli piaccia mettersi in ridicolo. Che sembra un pagliaccio. Che fa espressioni da cretino. Che si concia in modo buffo. Che è diventato un personaggio. Che è diventato un fenomeno da baraccone. Che, che, che. Le voci della gente mi si affollano nella testa, si sovrappongono, si confondono, si mescolano e creano un rumore assordante, come un coro che non va a tempo, come un'orchestra scordata.
Quando la rabbia mi attanagliava il cuore provavo anche un po' di piacere sadico nel sentire queste voci.
Ma adesso che mi sento libera, che ho fatto pace con me stessa e con lui, mi dispiace.
Vengono a chiederlo a me perché è così. Come fossi responsabile della vita altrui. Come fossi IO responsabile. Io alzo le spalle, scuoto la testa e rispondo solo: "non era così".
E muoio dentro.
Perché con quella risposta cerco di giustificarmi io in prima persona, per essere stata con lui. Come me ne vergognassi. Cerco di far capire che, si, è vero, sono stata con lui, ma non con IL lui di ora. Quando invece mi spingo oltre e tento di giustificare lui, cerco di spiegare timidamente che "è solo una maschera. in realtà sotto c'è di più", ma d'altronde capisco che chi lo vede solo dall'esterno non può credermi, non può capirlo, non può vedere. Vedono solo ciò che è visibile.
E muoio dentro.
Vorrei che non mi chiedessero più, che mi lasciassero in pace. Perché quello che loro vedono solo ora, io l'ho visto germogliare e crescere, e ne ho sofferto. Perché ogni giorno in cui quel processo avanzava, lui si allontanava da me e da quello che piaceva a me, fino alla fine. E ogni volta in cui mi chiedono spiegazioni io rivivo quel processo, la rabbia e l'impotenza che provavo nel non poterlo arrestare. La forza che mi ci è voluta nel doverlo accettare, metabolizzare e ripartire da sola. Maschero il dolore con un sorriso e qualche battuta ironica, ma in realtà è malinconia. Rammarico.
Perché comunque gli voglio bene. E che la gente mi venga a dire che si rende ridicolo, per me è una pugnalata. Anche se le nostre vite non sono più unite. Anche se io non sono più con lui e lui non è più con me.

domenica 22 agosto 2010

UNA CORSA VERSO LA VOGLIA D'AMARE

Ogni tardo pomeriggio estivo, calzo le mie scarpe sportive, scendo di fretta le scale e mi rifugio nelle strade di campagna intorno a casa mia. L'iPod acceso mi fa ascoltare canzoni che ho catalogato sotto la voce "Happy Playlist", brani di quelli che mettono carica, buonumore e ti fanno sorridere al mondo. Inizio la mia corsetta quotidiana, incrocio vecchine che portano a spasso il cane e anziani che si dedicano con cura ai loro orticelli. Mi guardano con diffidenza, ma io dispenso sempre un sorriso e un saluto, e allora vedi le loro facce, all'inizio un po' confuse, distendersi e ricambiare la cortesia. Che mondo strano ci siamo creati; diffidenti verso i passanti, diffidenti verso gli altri, diffidenti verso noi stessi. Non ci si fida di nessuno, e allora non si regala nemmeno un saluto, che non costa niente ma dà tanto. A me non importa tutto questo, io avrò sempre un sorriso per il passante che mi incrocia e spero che quel sorriso possa anche solo per l'istante che dura, aprirgli il cuore e regalargli un po' di serenità. Guardando a destra vedo un campo di girasoli che si espande gioioso, e dall'alto i raggi caldi del sole sembrano farmi il pieno di energia per affrontare il mio percorso. Respiro la libertà in quel momento, ed è strano che questo accada proprio quando la corsa mi toglie il fiato. È un momento di riflessione quello che vivo ogni pomeriggio dalle sei e mezza alle sette e mezza. Oggi, ad esempio, pensavo a quanto avrei voglia di innamorarmi. Di un ragazzo, intendo. Sono già innamorata di tante cose: della scrittura, del francese, dell'amicizia, del mare e del buon cibo. Eppure qualcosa manca in tutto questo. Mi manca il fatto di amare qualcuno che sia innamorato di me. Mi manca una persona particolare con cui percorrere insieme un cammino, senza ostacolarsi, ma tenendosi per mano quando si è vicini e tenendosi a mente quando si è lontani. Così ho iniziato a pensare a come vorrei che fosse questa persona. Molti aggettivi si sono affollati nella mia testa; dinamico, brillante, intelligente, premuroso e profondo, un po' pazzo e con la voglia di vedere le meraviglie che ci offre il mondo, sempre pronto a fare una valigia e partire per una nuova avventura. Sincero con me e con gli altri. Fedele. Che creda in qualcosa, che abbia ideali, non necessariamente uguali ai miei, ma che ne abbia di solidi, e che sia disposto a difenderli con coerenza. Vorrei una persona che mi dicesse "domani prendiamo la tenda e si parte". Per dove? Non importa. Ogni posto del mondo merita la nostra attenzione. Vorrei poter fare lo stesso io con lui. Vorrei una persona che non mi ostacoli nelle scelte che compio, che mi sostenga e sia sempre pronta ad allargare i miei orizzonti, ad incoraggiarmi quando mi sento scoraggiata e a consigliarmi i percorsi migliori per arrivare in alto quando la nebbia mi impedisce di vedere oltre il mio naso. Ecco, vorrei qualcuno che apprezzasse gli sforzi che ogni giorno faccio per raggiungere la vetta delle mie aspirazioni, come io farei con la persona che mi è accanto. Aiming High. Puntare in alto. Perché è stupido restare a terra quando si hanno le potenzialità e i mezzi per sorvolare il mondo e per guardare le nuvole da sopra come fossero una valle di neve.
In tutta sincerità non credo di pretendere troppo. Non voglio più accontentarmi, perché anche grazie a molte persone intorno a me, ho capito di essere davvero preziosa, e di meritarmi tutto questo.
Non credo nemmeno a chi mi dice che questa persona non esiste; se esisto io, con i miei valori e la mia profondità, ne esisteranno anche altri come me, perché è vero, mi sento speciale ed unica, ma non "l'unica migliore". Ritenersi speciali ed unici non equivale ad essere presuntuosi; tutti siamo speciali ed unici, con le nostre peculiarità. Al contrario, se pensassi di essere "l'unica migliore", allora si che peccherei di immodestia.
La strada del ritorno si avvicina. Il cancello di casa appare nella mia visuale. Oggi ho delineato il ritratto della persona che vorrei accanto. Sono giunta alla conclusione che sono più stancanti i pensieri che mi vengono in mente della corsa che toglie il fiato. Eppure ogni volta che col fiatone e il sudore sulle tempie mi appoggio alla maniglia del cancello per aprirla, mi sento arricchita.
Esplorare se stessi è il modo migliore per relazionarsi anche con gli altri, per capire verso quali persone incamminarsi e quali sono quelle da cui allontanarsi. Sempre però con un sorriso ed un saluto pronto per tutti.

giovedì 8 luglio 2010

SCRIVERE IL MONDO

Fino ad ora non mi è mai capitato di spendere qualche riga in questo spazio per parlare del mio percorso di studi, delle mie inclinazioni e delle prospettive future in campo professionale. Forse perché la fase che stavo attraversando nel momento in cui ho sentito l'esigenza di creare un blog, mi vedeva incastrata e strattonata in vicende sentimentali tormentate che occultavano ogni altro pensiero ed interesse.
E' per questa ragione che, recuperata la lucidità e la serenità, ho avvertito la necessità di parlare di due argomenti, tra loro strettamente connessi, che dominano la mia formazione e che con molta probabilità, se saprò coltivarli nel modo giusto, saranno materia prima del mio futuro.

Fin dai primi anni di scuola, quando i diari erano ancora segreti e non di dominio pubblico, adoravo il momento in cui giravo una piccola chiave all'interno del lucchetto dorato che proteggeva dei pensieri quotidiani annotati con una grafia meticolosamente elementare. Assaporavo già da quell'istante il piacere di parlare di me, con me, nel modo più aperto e sincero possibile, come non avrei potuto fare con nessun altro. Era un modo per imparare a conoscermi, per esplorare la varietà infinita di emozioni che ero in grado di provare, per comprendere quali fossero i miei limiti di sopportazione, di delusione, di gioia o di euforia.
Ma tutto questo, è chiaro, l'ho capito solo qualche anno dopo; nell'età dell'innocenza, non sapevo giustificare il fatto che mi piacesse scrivere. Lo facevo e basta, allo stesso modo in cui si gioca con le bambole, con l'ingenuità e la freschezza dei bambini, che si domandano di tutto (dal perché le stelle non si possano toccare con un dito al perché il fuoco brucia) ma non hanno ancora sperimentato l'introspezione.
Ad oggi, il mezzo di comunicazione attraverso il quale rendo pienamente giustizia all'espressione dei miei pensieri, è ancora la scrittura.

Ma come ho detto precedentemente, ci sono due cose di cui intendo parlare, e per introdurre il secondo argomento devo raccontare qualcosa riguardo la mia passione per le lingue. Eh sì, perché "scrivere" racchiude in sé un mondo infinito, "scrivere", puoi farlo nelle innumerevoli lingue e dialetti parlati nel mondo, un'infinità poliedrica di espressioni che si sovrappongono e si oppongono, creando un mosaico sorprendente che affascina quanto l'esplorazione dell'universo o dei fondali marini. Così ti stupisci quando scopri che magari una lingua è più adatta di un'altra in rapporto allo stato d'animo del momento e per questo vorresti conoscerle tutte, perché come infinite sono le sensazioni che si provano nel corso della vita così sono infinite le lingue che potrebbero combaciare perfettamente con il battito del tuo cuore.
Da queste riflessioni inizia il mio interesse per i testi. Testi come "esseri viventi", testi come materia di studio e di analisi. Testi scritti in lingua straniera. Testi da tradurre.

La traduzione è l'altro argomento che intendevo trattare. E' per me una questione molto delicata, strettamente connessa alla scrittura. E' un progetto ambizioso voler diventare traduttori. Tante volte mi sono ritrovata a pensare: "Se qualcuno prendesse i miei pensieri, scritti nella mia lingua e li trasferisse in un'altra, inevitabilmente cambierebbero espressioni e parole, sarebbe un nuovo testo, non sarebbe più il mio e non renderebbe le mie idee nella loro totalità".  Probabilmente il traduttore perfetto non esisterà mai, ma è un mestiere che permette di portare alla luce tesori nascosti di inestimabile valore, come può fare un archeologo di fronte ad imponenti rovine del passato. Perché se non fossero esistiti i traduttori, Notre-Dame de Paris per gli italiani sarebbe stato come un anfiteatro romano coperto dal cemento e dall'asfalto.
Le scelte universitarie verso le quali mi sono orientata mi hanno introdotta nel mondo della traduzione. Sono appena all'inizio e so che la strada è dura. Con una sorta di pudore e timore quando ho davanti un testo da tradurre indosso i guanti e lo sollevo con la punta delle dita. Mi sembra quasi di oltraggiare il suo autore quando ci lavoro, soprattutto perché quando si è all'inizio di errori se ne fanno tanti ed anche grossolani. Ma con l'umiltà di chi è alle prime armi cerco di carpire il meglio dagli insegnamenti delle persone più competenti di me e da qualche tempo quando ho un libro tra le mani scopro con piacere ed interesse quelle pagine che vanno sotto il nome di "Nota del Traduttore", e che fino a qualche anno fa ignoravo del tutto per tuffarmi direttamente nella storia che il libro aveva da raccontarmi, senza pensare che se una storia c'era ed io ero in grado di leggerla, dovevo ringraziare colui (o colei) che l'aveva resa accessibile anche a me che non conoscevo la lingua dell'Autore.

Ecco dunque un altro piccolo frammento di me. L'ambizione di scrivere. Scrivere per il mondo. Scrivere il mondo.

martedì 15 giugno 2010

INSEGUENDO LA VIE EN ROSE

Mi sento parte integrante di un mondo sconfinato e inesplorato, percorribile non solo secondo i sentieri tracciati dagli altri, ma anche attraverso percorsi inesistenti, immaginari, ormai sepolti o da scoprire.

L'emozione dentro me sale nel momento in cui penso a quante alternative mi si prospettano davanti, alla vasta gamma di possibilità da valutare prima di scegliere, all'opportunità di cambiare improvvisamente rotta nel momento in cui le mie scarpe consumate considerino estraneo e poco stimolante il cammino che avevo programmato.

Torno a riconoscere le mie passioni, le mie potenzialità. E decido di assecondarle. Da qualche mese proiettavo la mia immagine in Francia, e la vedevo così deliziosamente armonica immersa nella ville lumière, passeggiando tra gli artisti di Montmartre o sporgendosi da Pont Neuf per ammirare la Senna, che ho preso finalmente una decisione: un pezzo della mia strada è proprio lì, e sta aspettando solo il mio arrivo.

Il traguardo universitario si avvicina sempre più. Mancano tre esami alla fine, un progetto per la tesi già c'è e a febbraio indosserò la tanto sudata corona d'alloro. In quel momento la mia domanda d'assunzione sarà già arrivata a destinazione (e spero accettata). Partirò per una nuova esperienza, e al solo pensiero sento il cuore che accelera il suo battito e l'impazienza che scalpita desiderando che quel giorno sia già arrivato.

Un periodo da parigina devo viverlo, il mio spirito cosmopolita lo esige. E troppo a lungo ho ignorato le sue richieste.

giovedì 6 maggio 2010

HO IMPARATO A VIVERE QUEL CHE HO GIA' VISSUTO

"L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione"
 Oscar Wilde

Ho sempre apprezzato questa frase per la grande verità che contiene dentro di sé.
L'ho sempre apprezzata, è vero, ma l'ho sempre letta con malinconia e rassegnazione. 
Malinconia pensando a tutte le volte che un esame è andato male, 
Rassegnazione pensando a quante altre volte ancora cadrò nei tranelli che l'esperienza mi tenderà nel corso dei numerosi esami che ancora devo affrontare.

Eppure oggi in un momento impensato questa frase mi si è insinuata nella mente circondata da un'aura di ottimismo.

Ho pensato che anche in campo universitario le cadute sono state quelle che ad oggi ricordo meglio e che mi hanno permesso di imprimere in testa i concetti giusti, quelli che al primo colpo avevo sbagliato.
Ho pensato ad altri ambiti della mia vita e sono giunta alla stessa conclusione.

"L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione."
Proprio per questo è la lezione più efficace che si possa ricevere. 
Ti boccia all'esame. 
Ma ti permette di essere promosso brillantemente nella vita.

Salendo le infinite e scomode scalette nel centro di Perugia, con vecchie canzoni riarrangiate che uscivano dalle cuffiette dell'ipod, ho continuato questa riflessione ampliandola e adattandola agli avvenimenti che più recentemente mi hanno coinvolta e, gradino dopo gradino, stilavo una lista dei concetti appresi durante la lezione che l'esperienza ha generosamente deciso di dispensarmi, dopo avermi fatta cadere ripetutamente, dopo avermi fatta credere che non mi sarei riuscita a rialzare, dopo avermi dimostrato che invece avevo tutte le potenzialità per afferrare il mondo e modellarlo intorno a me come un abile sarto con le sue stoffe.

- Ho imparato che siamo tutti speciali, tutti unici. E proprio per questo non c'è nessuno al mondo più speciale dell'altro. Se abbiamo quest'impressione è perché la nostra mente decide di elevare una persona piuttosto che un'altra, facendocela apparire migliore. Il migliore non esiste. Il migliore nasce dall'idealizzazione. E l'idealizzazione è illusione.

- Ho imparato che nella vita le persone vanno e vengono. E non bisogna mai disperarsi per un addio. Perché per ogni addio c'è un benvenuto. E questo accade perché essendo tutti speciali ed unici, incontreremo sempre nel nostro cammino persone che ci regaleranno altrettante emozioni speciali ed uniche, come loro, come noi le vediamo.

- Ho imparato che tanto più siamo portati ad idealizzare una persona, tanto più grande sarà la delusione che avremo nel momento in cui saremo in grado di comprendere che tutte quelle caratteristiche divine che gli attribuivamo non erano altro che una costruzione mentale.

- Ho imparato che la delusione è scottante, ma che non bisogna starla troppo a contemplare, perché quanto prima ne prenderemo atto, tanto prima la persona idealizzata entrerà a far parte della categoria "gente comune", da dove era partita.

- Ho imparato che non sempre le emozioni sono fatte di processi graduali. E quindi puoi stare una vita a disperarti per qualcosa di sgradevole che ti è accaduto, poi svegliarti una mattina e sentirti il cuore leggero, vedere tutte le fonti del tuo dolore in lontananza; come fosse stata vita d'altri, come se le ferite che fino al giorno prima ti bruciavano non fossero mai state sul tuo corpo.

- Ho imparato che non bisogna mai smettere di sognare. E che bisogna circondarsi di sognatori come noi per riuscire a vedere ancora meglio le proprie ambizioni.

- Ho imparato che la stabilità distrugge i sogni. E che l'instabilità non li fa nascere. Per questo abbiamo tutti bisogno di un equilibrio instabile.

Sto imparando a vivere.
Ho imparato a vivere quel che ho già vissuto.
E sono orgogliosa di me stessa.

sabato 24 aprile 2010

IL BISOGNO DI ME E' RITORNATO NEI CONFINI

E' probabile che lo "sconfinato bisogno di me" si stia pian piano placando.
Avendo imboccato la strada giusta per ricongiungermi finalmente con me stessa, la necessità di una ricerca sconfinata si va gradualmente ridimensionando, e i confini si vanno ridefinendo. Col passare dei giorni stringo il territorio intorno a me e sento forte l'energia emanata da una personalità raggiante e potente: la mia.
E' bello sentirsi dire dagli altri "sei rinata". Ricevi la conferma che il cambiamento sia tangibile e visibile, non un'illusione.
E' bello quando persone che da due anni a questa parte mi reputavano una persona "spenta" ora mi sentano ridere fragorosamente e mi dicano "sei diventata un'altra persona". 
Non sanno che sono ritornata un'altra persona.
Sono ritornata quella che ero.
Il mio lato brioso che si fa incontenibile l'hanno notato ed apprezzato in molti. Ed io ne gioisco. Per averlo ritrovato, e per aver trovato grazie ad esso delle persone nuove e speciali.


Non mi spaventa più il futuro. Non sento più la necessità di fare progetti.
Ogni giorno mi dà motivi per ridere ed io non mi risparmio. 
Vivo ogni momento al massimo, senza pudore, senza scrupolo, senza rimorso. 

Adoro spettegolare con le colleghe universitarie sulle vicende amorose dell'una o dell'altra.
Adoro i momenti di divertimento durante le lezioni con gli amici, quasi come fossi ritornata al liceo.
Adoro rievocare scene esilaranti tra un'ora e l'altra davanti ad un brownie ed un caffè.
Adoro sentirmi dire dalla professoressa di francese che ho l'aria sognante, e che il mio vicino di banco mi travia :)
Adoro vedere un film sotto le coperte... magari facendosi sfuggire che lo stesso personaggio è interpretato da quattro attori diversi

So che tutto questo presto finirà; a volte se ci penso un velo di malinconia tenta di offuscare la mia gioia.
Poi capisco che sto forse vivendo uno dei periodi più felici della mia vita e proprio per questo non devo preoccuparmi di quanto durerà, ma al contrario di viverlo attivamente senza timori, e soprattutto senza lasciarmi alle spalle nessun rimpianto.

sabato 10 aprile 2010

IN UN POMERIGGIO D'APRILE

Leggerezza. Pace. Gioia.
Ho ritrovato me. Ho ritrovato il mio battito, il mio respiro, i miei sogni.
Ho ritrovato la mia voglia di vivere, conoscere, viaggiare.
Fare esperienze che arricchiscono, con l'intraprendenza di un tempo, con l'indipendenza di un tempo.
Se mi guardo indietro vedo la mia immagine anestetizzata, vecchia e impolverata.
Ora mi vedo splendente, lucida, fresca.
Ringiovanita e maturata allo stesso tempo.

Ho preso definitivamente coscienza della mia rinascita nel momento in cui mi sono stesa su un prato d'erba verde e fresca ad assaporare i primi raggi di sole tiepidi di questa primavera. Mi sono sentita rinnovata. Un piccolo fiore di quel prato in un pomeriggio d'Aprile che m'ha ridato la vita.

lunedì 5 aprile 2010

L'UOMO DEI SOGNI

Sogni sottovuoto.
Sogni vicini, lontani, confusi e mescolati.
Sogni in fuga, dissolti, neonati, spodestati.
Una valigia di cartone la loro casa.

Un cappello in testa, un giornale sotto braccio, scarpe consumate.
Un cammino sconosciuto.
Una sosta per rifocillarsi.

Una valigia di cartone abbandonata.
Deserto. Orme calpestate da migliaia di viandanti.
Una mano la raccoglie.

Un cappello in testa, un giornale sotto braccio,  scarpe consumate e una valigia di cartone in mano.
Alla ricerca di chi l’ha lasciata.
Alla ricerca di un viandante rimasto senza sogni.

Lo chiamano l’uomo dei sogni.
Raccoglie valigie di cartone e le riporta ai proprietari.
Raccoglie sogni e li riporta a chi ha smesso di crederci.

venerdì 2 aprile 2010

L'INVERNO SE N'E' ANDATO...E INDOSSO UN VESTITO DI FIORI

Sorrido.
Sembra impossibile, ma è proprio vero.
Un'espressione distesa si dipinge sul mio viso.
E dentro di me sento freschezza. 
Non scottature. Nemmeno gelo.
Freschezza.
I miei occhi guardano il mondo con uno sguardo differente.
E' primavera anche per me. Non solo per la natura.
La bella stagione si sta impossessando di me facendomi rifiorire.
Sorrido.

Sono serena.
Recupero energie.
Ho voglia di ballare, di ridere, di correre, di gridare.
Di vivere.

Mi sento bella.
Dentro.
Fuori.
Mangio senza sentire il peso dei giudizi.
Ascolto canzoni allegre ad alto volume senza preoccuparmi di disturbare.

Ho voglia di partire.
Di viaggiare e scoprire il mondo. Come era una volta.
Come ero io.
Come sono ancora.

Per la prima volta in tre anni mi manca Perugia.
La MIA vita a Perugia.
Le persone che sono a Perugia.
Ed è tanta la voglia di ritornare nella città da cui non vedevo l'ora di scappare.

La scrittura di questo post mi fa pensare che dovrei fare qualche ringraziamento a chi ha contribuito alla mia rinascita. Ma i ringraziamenti li farò, senza dubbio, di persona.

martedì 30 marzo 2010

IL VUOTO E IL PIENO: L'OSMOSI DELL'ANIMA

E d'improvviso il vuoto.
Non un processo d'oblio. Non un lento scemare della tristezza.
Per l'enormità e l'insostenibilità del dolore pensavo fosse necessario che tutti quei sentimenti negativi andassero scemando gradualmente, perdendosi nei giorni, poco alla volta.
E invece scopro un nuovo lato di me. Io non seguo fasi, processi interdipendenti e consecutivi. Io resetto.
M'è bastato l'ennesimo affronto per prendere un enorme scatolone, infilarci dentro i ricordi fino toglier loro anche lo spazio per respirare, e sigillare con abbondante nastro da pacchi.
Da quel giorno ho visto un estraneo. 
Non più l'uomo che avevo accanto. 
Uno sconosciuto. 
Diverso da come lo vedevo. 
Che non mi piace nemmeno troppo.

Non provo più niente. Né sentimenti positivi, né negativi. Il vuoto.

E così mi ritrovo a sfogliare vecchie fotografie e a sentirle come fossero di altri, come fossero stralci di vite vissute da qualcun altro. Vedo figuranti, non più persone care. E sto bene.

Sto bene davvero.
Perché svuotandosi d'importanza quella persona, si sta riempendo la mia vita. Di cose belle. Di interessi, di nuovi volti, di serenità.
E finalmente respiro.
E finalmente non sono più oppressa.
E finalmente vivo.

domenica 21 marzo 2010

REINCARNAZIONE

In una nuova vita. Un nuovo racconto da scrivere dal principio. Senza influenze, senza ricordi pregressi.
Carta bianca. Questo ci vorrebbe.
Vivere tante vite e portarsi dietro solo l'esperienza, per non farsi ingannare di nuovo, per non cadere in errori che rovinerebbero inesorabilmente anche la vita presente. Ma nessun ricordo. Nessun legame con le altre vite. Nessun viso conosciuto. Il vuoto.
Avrei bisogno di questo per ricominciare.
Sto molto male, e il dolore interiore si comincia ormai da un po' a manifestare anche col dolore fisico.
Sento delle fitte improvvise al cuore. Da tre mesi il battito del cuore mi rimbomba nell'orecchio facendomi addormentare a fatica. Ed ora il dolore ha iniziato a prendermi le tempie, la testa. Sempre ad un ritmo pulsante.
Non ho paura della morte. Ho paura di morire. Ho paura di quell'istante e dei dolori che lo possono precedere. Ma il dopo, per me è un sogno. E se non fosse per il passaggio, mi ci sarei tuffata già da tempo.
La mia vita è rovinata. La mia vita me l'hai rovinata tu.
Con le tue bugie. Con il tuo volermi stare vicino e lontano allo stesso tempo. Con la tua indifferenza.
Forse non dovrei aver paura del passaggio, perché in realtà tu già mi hai ammazzata, per cui quello che si prova lo so bene. E forse quello che sto vivendo ora è ancora peggio. E' una lunga ed interminabile agonia.
Ed io mi sento un ratto preso per la coda dal felino che senza rispetto né pietà continua a giocherellarci sapendo bene quale sia la sua fine.
Ogni giorno sono più convinta che finché resterò in vita non riuscirò a cancellarti.
Ma sei diventato un peso insostenibile per me. Per i giorni e le ore che trascorro. Per l'inferno in cui sprofondo ogni mattina.

NON HO PIU' LA FORZA. SOLO PER QUESTO CI STO

Prendo coscienza di quanto sia assurda la fase della vita sentimentale che sto vivendo in questo momento.
Mi rendo conto che ho accettato di viverla così perché ne traggo un senso di quiete che mi riporta ad una normalità del passato che rasserena il mio cuore; ma è una normalità costruita, architettata e misurata, una farsa e nient'altro. E proprio perché è finzione capisco che la serenità che mi dona è altrettanto finta, e che una volta che questo equilibrio mendace verrà distrutto i danni che lascerà saranno ancora più distruttivi. Forse è meglio soffrire lontano dalla persona che amo, piuttosto che essere illusioramente serena standogli accanto in un modo che non è quello che vorrei.
Del resto penso che se lui mi dice che vuol stare da solo, poi mi cerca ogni giorno, debba fare i conti con le sue irrazionalità in modo serio e definitivo.
Se vuol stare da solo che ci stia davvero, io in questo momento mi sento solo un tappabuchi che colma i momenti di noia nell'attesa che arrivi qualcun'altra a farlo innamorare. Porto sulle spalle un ruolo indefinito, ricevo un trattamento affettuoso, a tratti passionale, tenero e confidenziale, ma non posso pretendere nulla, non devo pretendere nulla. Sono solo una valvola di sfogo per i momenti in cui sente il bisogno di manifestare affetto a qualcuno, per i momenti in cui gli amici non ci sono e si sente vuoto e annoiato.
Sono un tappabuchi anche per i suoi pensieri. Evidentemente avverte la necessità di avere nella testa una persona a cui telefonare, con cui vedersi e trascorrere pomeriggi tranquilli e spensierati, con cui condividere i racconti delle sue giornate, con cui ridere e scherzare. Lui sa bene che in me può trovare tutto questo, per cui pur volendo stare solo non vuole rinunciare a me, e così mi tiene al guinzaglio, e io ci sto perché non ho più la forza di oppormi a nulla, non ho più la forza di discutere, non ho più la forza di sentirmi dire "non so che voglio", non ho più la forza di sentirmi dire "io da solo sto bene", non ho più la forza di piangere.
Ci sto per non rompere quel falso equilibrio. Ci sto per non farmi male ancora.
Ma in realtà so benissimo che così presto o tardi finirò per ferirmi a morte.

sabato 13 marzo 2010

IL NERO

E' nel momento in cui mi ritrovo ad ingozzarmi convulsamente di fette di pan carré condite da lacrime salate, che mi rendo conto di essermi inabissata di nuovo nella mia condizione di disperazione che da un po' riuscivo a mantenere latente.

Vorrei esporre ordinatamente la serie infinita delle ragioni alla base del mio turbamento, ma in questo momento sono tutte mescolate e confuse, si infettano una con l'altra, e in mezzo al contagio generale io riesco a percepire solo i sintomi dilanianti di questo malessere.

Ho perso la capacità di distinguere i colori.
Ho perso la capacità di percepire la luce.
E il risultato è una distesa infinita e monocromatica.
Il nero.

venerdì 12 marzo 2010

CLANDESTINA

Illegittima, Occultata, Nascosta.
Una volta abitavamo il mondo alla luce del sole, senza vergogna, al contrario, con orgoglio.
Adesso ci muoviamo nel buio come amanti peccatori e colpevoli.
Probabilmente diverse le motivazioni: da un lato la speranza, dall'altro semplice attrazione.

Vittima della clandestinità non posso esternare i miei pensieri.
Dovrei parlare di sentimenti, ma al solo sentire questa parola scatenerei una fuga. L'ennesima.
Per questo taccio.
E prendo quello che mi tocca come il carcerato che attende in cella il suo pasto.

martedì 9 marzo 2010

I SENTIMENTI IN PAROLE

C'è qualcosa di peggio di un "Ti odio".

Un "Ti voglio bene" pronunciato da una persona che un tempo ti diceva "Ti amo".

E mostrare gratitudine per quella dichiarazione d'affetto anche se in realtà è come una spada che ti lacera il petto e ti trafigge il cuore da parte a parte.

E quando rispondo "Anche io" mento spudoratamente.

LA FAIBLESSE DE MON COEUR

Cos'è questo?
E' forse un tenersi compagnia nell'attesa che qualcuno ci porti via?
E' un modo per non restare soli? 
Eppure sento dirmi che soli si sta bene.
Ma nonostante questo, a me non rinuncia. Non completamente.
E solo ci sa stare. Ma con me a fianco.

Parla di futuro con altre persone accanto a noi. 
Solo pensare a quest'eventualità mi da i brividi.
E in questo modo non lascia speranze per un ritorno.
Dice che probabilmente mi rimpiangerà.
Ma non proverà a riprendermi.

Cerco di capire cosa vuole da me. Non lo capisco.
Cerco di capire cosa sono per lui. Non lo capisco.
Probabilmente un'amante, un punto di riferimento, un sostegno da tenersi vicino per non restare del tutto solo come dice che vorrebbe stare. 
Qualcosa di transitorio destinato ad essere allontanato quando troverà qualcuna che prenderà il mio posto. 
O meglio, quando troverà qualcuna che prenderà il posto per cui io non andavo più bene.

Non mi oppongo più a nulla.
Sono completamente inerme.
Sono sprofondata nella mia debolezza e non trovo più la forza di arrabbiarmi, discutere, sparire, pretendere.
Chiusa nel mio silenzio e nella mia inerzia divoro come un cane randagio degli avanzi maleodoranti lasciati a terra.
Gli ultimi pezzi di un apparente sentimento d'amore.
Hanno un sapore di decadenza. Hanno un aspetto decomposto.
Ma chiudo gli occhi e immagino che sia il piatto di un grande chef, come era un tempo.

venerdì 5 marzo 2010

SENTO FREDDO

E' un po' di tempo che non scrivo più.
Forse perché mi sto lentamente raffreddando.
Diventando sempre più insensibile al mondo esterno per cercare di difendermi come posso, lascio poco spazio alle emozioni, e quindi la scrittura diventa un processo molto più difficile se carente della sua materia prima.

Ogni giorno che passa mi sento affievolita.
Ogni giorno che passa vedo la realtà intorno a me con più distacco.
Ogni giorno che passa mantengo una "distanza di sicurezza" maggiore dalle persone che ho intorno.
Ogni giorno che passa mi disinnamoro. Delle persone in generale. Delle cose che mi circondano.

Mi disinnamoro per non avere aspettative. E così comincio a sentirmi ogni istante più vuota, come se abbandonassi per strada un pezzetto di me, come se l'indifferenza sostituisse un pezzetto dell'ardore con cui vivevo le mie emozioni.
Sento sempre più freddo.
Vedo volti noti e riservo loro il trattamento che si riserva agli sconosciuti, quella cortesia disinteressata che per educazione si mette in scena quando li si incontra.
Mi mostro disponibile e gentile, affabile e gioiosa. Recito anche bene tutto sommato. Ed il fatto che sappia recitare bene è indice di poco coinvolgimento.
Mi sto allontanando da ogni tipo di affettività in modo naturale. Ogni tanto qualche fiammella incendia il mio animo per una frazione di secondo, ma mi affretto a prendere un estintore e smorzarla sul nascere.
Sto ergendo intorno a me uno scudo impenetrabile. I miei occhi, dai quali un tempo si leggeva ogni repentino cambiamento d'umore, sono ora capaci di celare uno ad uno tutti i miei pensieri.
Sto diventando abile nel destreggiarmi in questo mondo spietato.
Sto imparando a ricevere da tutti e non dare niente a nessuno.

In questo processo di cambiamento che sta maturando in me vivo momenti alternati di esaltazione e disperazione, intervallati da una totale assenza di interesse per le persone che ho intorno. In quei momenti mi sento cullata da un baratro oscuro, vedo le immagini di persone che reputo importanti svuotate della loro importanza, come burattini inanimati, fantocci che in passato facevano parte della mia vita ed avevano un posto nel mio cuore di cui ora ne resta solo un involucro plastificato ed informe, abbandonato a terra, sgualcito e calpestato.

Forse sto guarendo.
Forse sto rinunciando.


Sento freddo. E dopo essermi bruciata così tanto, tutto sommato non mi dispiace.

giovedì 18 febbraio 2010

E COSì SE NE VA ANCHE LA MAGIA DEL VENERDì

Attendevo l'inizio delle lezioni vedendolo come un'ancora di salvezza.
Un inizio anche per una nuova fase della mia vita.
Ora che quel giorno si avvicina ho scoperto che ho paura di andarmene.
Con una mano rimango aggrappata, con l'altra lascio andare.
Se da un lato penso che sia la cosa migliore per riorganizzare la mia vita con persone diverse, dall'altro ho paura che la mia assenza contribuisca a far sbiadire ancora più il ricordo di me, di quello che ho dato, di quello che sono.
Essere lontana da lui mi peserà forse più che negli anni precedenti, quando sapevo che lui era mio, che io ero sua e potevamo contare l'uno sull'altra in ogni caso.
Stavolta me ne vado ancor più sola.

Non ci sarà più la tristezza del lunedì sopra quel trenino che scacciavo ascoltando canzoni che mi parlavano di lui.
Non ci sarà più il pensiero del mercoledì ad avvertirmi che "mancano due giorni".
Non ci sarà più quella trepidazione del venerdì nell'attesa di poterlo rivedere.
Non ci sarà più quella sensazione che il treno del venerdì fosse più lento del solito se confrontato al mio amore per lui che andava a 300 all'ora.
Non ci sarà più nessuno che aspetta un mio ritorno.
Non ci sarà più nessuno ad abbracciarmi di venerdì sera e a propormi un film che non ho voglia di vedere.

Domenica sera parto. Senza alcuno stimolo per tornare. Né venerdi, né tra tre mesi.
Cambiano le prospettive, cambia lo scorrere del tempo, cambiano i volti intorno a me.
Cambierò anche io?

Sarò circondata da persone che mi vogliono bene, che mi stimano, che quando mi vedono a terra hanno sempre una parola per me, per ricordarmi, come dicono loro che sono "preziosa".
Eppure parto col vuoto.

 E so che continuerà ad essere fra i miei pensieri. E so che continuerà a ritornarmi in mente quando non potrò più chiamarlo tra una lezione e l'altra, raccontargli com'è andata la giornata
e dirgli quanto mi manca.

Ma non m'è mai mancato il coraggio per affrontare qualsiasi viaggio. Non mi mancherà neppure stavolta. Voglio essere forte.

mercoledì 17 febbraio 2010

TENEREZZA E DESIDERIO. DOLCEZZA E PASSIONE.

Serenità.
Pace rassicurante.
La felicità nel condividere un panino.
Sentire in un abbraccio una sensazione di familiarità, come un focolare che riscalda e sa di casa.
E poi l'incredibile voglia di contatto.
Domare ogni indomabile pulsione verso di lui fino a sopirla.
Fino a quando poi?

Tenerezza e desiderio.
Dolcezza e passione.

E' ancora l'unico in grado di farmi provare tutto questo contemporaneamente e in un solo istante.

martedì 16 febbraio 2010

Scrisse qualcuno ben più bravo di me...

"...Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona..."

domenica 14 febbraio 2010

PREGHIERA AL PROTETTORE DEGLI INNAMORATI

Nottata terribile. Interminabile.
Sognando sempre la stessa persona. 
Sognando momenti felici che furono. 
Ti lasciano l'amaro in bocca 
Quando capisci che è stato solo il sonno a farti cadere nell'illusione.
Svegliata da fitte lancinanti al petto e allo stomaco.
Le sento ancora come scosse elettriche a intervalli regolari.
Sarà quel che sarà. Non voglio sapere.

Una valigia vuota sotto il letto.
Un volo pronto al decollo tra tre ore e mezzo.

San Valentino. Protettore degli innamorati.
Questa ricorrenza doveva farci vivere la nostra vacanza.
San Valentino. Protettore degli innamorati.
Proteggi me. Non più noi.
"Noi" non c'è più.
Però continua lo stesso a proteggere me,
che nel nome del sentimento che rappresenti
vivo l'inferno ogni giorno.
Privami di quel sentimento
E se pensi che sono capace d'amare
Nel modo più profondo e sincero
Indicami la strada giusta
Per il luogo in cui questo amore
Può trovare riparo
E corrispondenza.
Ascolta questa preghiera
che nasce da un cuore straziato.
Non volgere il tuo sguardo
Solo alle coppie felici che si giurano amore eterno
Dedica un momento
A chi è rimasto solo
E per amore si sta distruggendo.
Chiedo pace per questo cuore
Chiedo tregua da quest'opprimente macigno 
Che mi schiaccia e mi stritola.
Chiedo amore. Per me.

sabato 13 febbraio 2010

Non ce la faccio più.
Non posso svegliarmi un'altra mattina invasa dalle solite domande, con gli occhi lucidi, con le lacrime sempre pronte a bagnarmi il viso, con l'incapacità di respirare per quel gozzo in gola e col cuore che batte all'impazzata fino a rimbombarmi rumorosamente nelle orecchie.

Se devo svegliarmi un'altra mattina così non voglio svegliarmi più.

Ho bisogno d'aiuto.
Da sola non riesco a uscirne.

LA TAVOLOZZA DEI CONTRASTI


Il distacco che mi ero imposta, la necessità di frappore un vuoto tra me e le emozioni sono sfumati nell'intensità devastante dei sentimenti contrastanti che ho dentro di me.

Una miscela esplosiva di odio, di amore, di rancore e di interrogativi mi hanno di nuovo legata e violentata.
Sbraitavano uno contro l'altro dentro di me e sono dovuti uscire per non farmi esplodere.

Mai visti l'amore e l'odio così vicini. 
Mai sperimentato così da vicino l'odi et amo catulliano.
Un indelebile marchio a fuoco sul cuore. Un dolore lacerante. 

E così mi sento inondata dal veleno. Mi percorre le vene al posto del sangue, mi sgorga a fiotti dalla bocca e vorrebbe essere sputato addosso a chi me l'ha fatto generare così copioso in corpo. E pensando a questo vedo mescolarsi il bordeaux, il nero e il blu notte.

E allo stesso tempo vorrei uno sguardo, un abbraccio, un bacio e un risveglio da questo stato di coma nel quale ormai sono assopita da tempo, e dal quale non riesco a risvegliarmi.
E pensando a questo vedo un bianco sfumato da tonalità pastello che vanno dal rosa al celestino passando per il lilla.

Devo rialzarmi. Devo scrivere la mia vita come scrivo questi frammenti di pensieri. Devo afferrare in mano la penna del destino e tracciare sui fogli della mia essenza quello che per me è più giusto.

Devo smettere di provare sentimenti di ogni tipo per chi non ne ha più da offrire per nessuno.
Per riuscirci devo svegliarmi ogni mattina, prendere la vecchia cancellina a rotella della scuola e cancellare una riga del passato, per poi afferrare il gessetto del presente e scrivere una nuova riga.
Così ogni mattina, finché l'ultima vecchia riga sarà cancellata. 
Finché non ci sarà più traccia di odio, di amore, di rancore e di interrogativi. 
Ma solo un sorriso. E l'oblio.

venerdì 12 febbraio 2010

MAI PIU'

Mai più.
Mai più nessun uomo mi ridurrà così.
Mai più.

Cinica e spietata.
Sarò così.
Cinica e spietata.

Ferirò prima che mi si possa ferire.
Sospetterò prima che mi si possa ingannare.
Mi vendicherò prima ancora di ricevere un torto.
Illuderò prima di essere illusa.


Me stessa prima di tutto.
Nessun altro oltre a me.
Il resto è tutto superfluo.

Fino ad ora le mie parole d'ordine erano Fedeltà, Sincerità e Fiducia.
Adesso vivrò per Tradire, Ingannare e Sospettare.


Ho avuto la dimostrazione che forse tutti possono peggiorarsi.
Voglio farlo anche io. 


Grazie per avermi reso una persona peggiore.

FINALMENTE HO CAPITO


La mia sofferenza trova le sue radici
Nel non sapere
Se chi mi era accanto è diventato qualcun altro col tempo
O se ha sempre finto
E in origine fu solo un abbaglio quello che presi



Nel primo caso non mi capacito di come si possa cambiare in questo modo.
Nel secondo caso tutto sarebbe chiaro: io grande stupida, lui grande attore.