martedì 30 marzo 2010

IL VUOTO E IL PIENO: L'OSMOSI DELL'ANIMA

E d'improvviso il vuoto.
Non un processo d'oblio. Non un lento scemare della tristezza.
Per l'enormità e l'insostenibilità del dolore pensavo fosse necessario che tutti quei sentimenti negativi andassero scemando gradualmente, perdendosi nei giorni, poco alla volta.
E invece scopro un nuovo lato di me. Io non seguo fasi, processi interdipendenti e consecutivi. Io resetto.
M'è bastato l'ennesimo affronto per prendere un enorme scatolone, infilarci dentro i ricordi fino toglier loro anche lo spazio per respirare, e sigillare con abbondante nastro da pacchi.
Da quel giorno ho visto un estraneo. 
Non più l'uomo che avevo accanto. 
Uno sconosciuto. 
Diverso da come lo vedevo. 
Che non mi piace nemmeno troppo.

Non provo più niente. Né sentimenti positivi, né negativi. Il vuoto.

E così mi ritrovo a sfogliare vecchie fotografie e a sentirle come fossero di altri, come fossero stralci di vite vissute da qualcun altro. Vedo figuranti, non più persone care. E sto bene.

Sto bene davvero.
Perché svuotandosi d'importanza quella persona, si sta riempendo la mia vita. Di cose belle. Di interessi, di nuovi volti, di serenità.
E finalmente respiro.
E finalmente non sono più oppressa.
E finalmente vivo.

domenica 21 marzo 2010

REINCARNAZIONE

In una nuova vita. Un nuovo racconto da scrivere dal principio. Senza influenze, senza ricordi pregressi.
Carta bianca. Questo ci vorrebbe.
Vivere tante vite e portarsi dietro solo l'esperienza, per non farsi ingannare di nuovo, per non cadere in errori che rovinerebbero inesorabilmente anche la vita presente. Ma nessun ricordo. Nessun legame con le altre vite. Nessun viso conosciuto. Il vuoto.
Avrei bisogno di questo per ricominciare.
Sto molto male, e il dolore interiore si comincia ormai da un po' a manifestare anche col dolore fisico.
Sento delle fitte improvvise al cuore. Da tre mesi il battito del cuore mi rimbomba nell'orecchio facendomi addormentare a fatica. Ed ora il dolore ha iniziato a prendermi le tempie, la testa. Sempre ad un ritmo pulsante.
Non ho paura della morte. Ho paura di morire. Ho paura di quell'istante e dei dolori che lo possono precedere. Ma il dopo, per me è un sogno. E se non fosse per il passaggio, mi ci sarei tuffata già da tempo.
La mia vita è rovinata. La mia vita me l'hai rovinata tu.
Con le tue bugie. Con il tuo volermi stare vicino e lontano allo stesso tempo. Con la tua indifferenza.
Forse non dovrei aver paura del passaggio, perché in realtà tu già mi hai ammazzata, per cui quello che si prova lo so bene. E forse quello che sto vivendo ora è ancora peggio. E' una lunga ed interminabile agonia.
Ed io mi sento un ratto preso per la coda dal felino che senza rispetto né pietà continua a giocherellarci sapendo bene quale sia la sua fine.
Ogni giorno sono più convinta che finché resterò in vita non riuscirò a cancellarti.
Ma sei diventato un peso insostenibile per me. Per i giorni e le ore che trascorro. Per l'inferno in cui sprofondo ogni mattina.

NON HO PIU' LA FORZA. SOLO PER QUESTO CI STO

Prendo coscienza di quanto sia assurda la fase della vita sentimentale che sto vivendo in questo momento.
Mi rendo conto che ho accettato di viverla così perché ne traggo un senso di quiete che mi riporta ad una normalità del passato che rasserena il mio cuore; ma è una normalità costruita, architettata e misurata, una farsa e nient'altro. E proprio perché è finzione capisco che la serenità che mi dona è altrettanto finta, e che una volta che questo equilibrio mendace verrà distrutto i danni che lascerà saranno ancora più distruttivi. Forse è meglio soffrire lontano dalla persona che amo, piuttosto che essere illusioramente serena standogli accanto in un modo che non è quello che vorrei.
Del resto penso che se lui mi dice che vuol stare da solo, poi mi cerca ogni giorno, debba fare i conti con le sue irrazionalità in modo serio e definitivo.
Se vuol stare da solo che ci stia davvero, io in questo momento mi sento solo un tappabuchi che colma i momenti di noia nell'attesa che arrivi qualcun'altra a farlo innamorare. Porto sulle spalle un ruolo indefinito, ricevo un trattamento affettuoso, a tratti passionale, tenero e confidenziale, ma non posso pretendere nulla, non devo pretendere nulla. Sono solo una valvola di sfogo per i momenti in cui sente il bisogno di manifestare affetto a qualcuno, per i momenti in cui gli amici non ci sono e si sente vuoto e annoiato.
Sono un tappabuchi anche per i suoi pensieri. Evidentemente avverte la necessità di avere nella testa una persona a cui telefonare, con cui vedersi e trascorrere pomeriggi tranquilli e spensierati, con cui condividere i racconti delle sue giornate, con cui ridere e scherzare. Lui sa bene che in me può trovare tutto questo, per cui pur volendo stare solo non vuole rinunciare a me, e così mi tiene al guinzaglio, e io ci sto perché non ho più la forza di oppormi a nulla, non ho più la forza di discutere, non ho più la forza di sentirmi dire "non so che voglio", non ho più la forza di sentirmi dire "io da solo sto bene", non ho più la forza di piangere.
Ci sto per non rompere quel falso equilibrio. Ci sto per non farmi male ancora.
Ma in realtà so benissimo che così presto o tardi finirò per ferirmi a morte.

sabato 13 marzo 2010

IL NERO

E' nel momento in cui mi ritrovo ad ingozzarmi convulsamente di fette di pan carré condite da lacrime salate, che mi rendo conto di essermi inabissata di nuovo nella mia condizione di disperazione che da un po' riuscivo a mantenere latente.

Vorrei esporre ordinatamente la serie infinita delle ragioni alla base del mio turbamento, ma in questo momento sono tutte mescolate e confuse, si infettano una con l'altra, e in mezzo al contagio generale io riesco a percepire solo i sintomi dilanianti di questo malessere.

Ho perso la capacità di distinguere i colori.
Ho perso la capacità di percepire la luce.
E il risultato è una distesa infinita e monocromatica.
Il nero.

venerdì 12 marzo 2010

CLANDESTINA

Illegittima, Occultata, Nascosta.
Una volta abitavamo il mondo alla luce del sole, senza vergogna, al contrario, con orgoglio.
Adesso ci muoviamo nel buio come amanti peccatori e colpevoli.
Probabilmente diverse le motivazioni: da un lato la speranza, dall'altro semplice attrazione.

Vittima della clandestinità non posso esternare i miei pensieri.
Dovrei parlare di sentimenti, ma al solo sentire questa parola scatenerei una fuga. L'ennesima.
Per questo taccio.
E prendo quello che mi tocca come il carcerato che attende in cella il suo pasto.

martedì 9 marzo 2010

I SENTIMENTI IN PAROLE

C'è qualcosa di peggio di un "Ti odio".

Un "Ti voglio bene" pronunciato da una persona che un tempo ti diceva "Ti amo".

E mostrare gratitudine per quella dichiarazione d'affetto anche se in realtà è come una spada che ti lacera il petto e ti trafigge il cuore da parte a parte.

E quando rispondo "Anche io" mento spudoratamente.

LA FAIBLESSE DE MON COEUR

Cos'è questo?
E' forse un tenersi compagnia nell'attesa che qualcuno ci porti via?
E' un modo per non restare soli? 
Eppure sento dirmi che soli si sta bene.
Ma nonostante questo, a me non rinuncia. Non completamente.
E solo ci sa stare. Ma con me a fianco.

Parla di futuro con altre persone accanto a noi. 
Solo pensare a quest'eventualità mi da i brividi.
E in questo modo non lascia speranze per un ritorno.
Dice che probabilmente mi rimpiangerà.
Ma non proverà a riprendermi.

Cerco di capire cosa vuole da me. Non lo capisco.
Cerco di capire cosa sono per lui. Non lo capisco.
Probabilmente un'amante, un punto di riferimento, un sostegno da tenersi vicino per non restare del tutto solo come dice che vorrebbe stare. 
Qualcosa di transitorio destinato ad essere allontanato quando troverà qualcuna che prenderà il mio posto. 
O meglio, quando troverà qualcuna che prenderà il posto per cui io non andavo più bene.

Non mi oppongo più a nulla.
Sono completamente inerme.
Sono sprofondata nella mia debolezza e non trovo più la forza di arrabbiarmi, discutere, sparire, pretendere.
Chiusa nel mio silenzio e nella mia inerzia divoro come un cane randagio degli avanzi maleodoranti lasciati a terra.
Gli ultimi pezzi di un apparente sentimento d'amore.
Hanno un sapore di decadenza. Hanno un aspetto decomposto.
Ma chiudo gli occhi e immagino che sia il piatto di un grande chef, come era un tempo.

venerdì 5 marzo 2010

SENTO FREDDO

E' un po' di tempo che non scrivo più.
Forse perché mi sto lentamente raffreddando.
Diventando sempre più insensibile al mondo esterno per cercare di difendermi come posso, lascio poco spazio alle emozioni, e quindi la scrittura diventa un processo molto più difficile se carente della sua materia prima.

Ogni giorno che passa mi sento affievolita.
Ogni giorno che passa vedo la realtà intorno a me con più distacco.
Ogni giorno che passa mantengo una "distanza di sicurezza" maggiore dalle persone che ho intorno.
Ogni giorno che passa mi disinnamoro. Delle persone in generale. Delle cose che mi circondano.

Mi disinnamoro per non avere aspettative. E così comincio a sentirmi ogni istante più vuota, come se abbandonassi per strada un pezzetto di me, come se l'indifferenza sostituisse un pezzetto dell'ardore con cui vivevo le mie emozioni.
Sento sempre più freddo.
Vedo volti noti e riservo loro il trattamento che si riserva agli sconosciuti, quella cortesia disinteressata che per educazione si mette in scena quando li si incontra.
Mi mostro disponibile e gentile, affabile e gioiosa. Recito anche bene tutto sommato. Ed il fatto che sappia recitare bene è indice di poco coinvolgimento.
Mi sto allontanando da ogni tipo di affettività in modo naturale. Ogni tanto qualche fiammella incendia il mio animo per una frazione di secondo, ma mi affretto a prendere un estintore e smorzarla sul nascere.
Sto ergendo intorno a me uno scudo impenetrabile. I miei occhi, dai quali un tempo si leggeva ogni repentino cambiamento d'umore, sono ora capaci di celare uno ad uno tutti i miei pensieri.
Sto diventando abile nel destreggiarmi in questo mondo spietato.
Sto imparando a ricevere da tutti e non dare niente a nessuno.

In questo processo di cambiamento che sta maturando in me vivo momenti alternati di esaltazione e disperazione, intervallati da una totale assenza di interesse per le persone che ho intorno. In quei momenti mi sento cullata da un baratro oscuro, vedo le immagini di persone che reputo importanti svuotate della loro importanza, come burattini inanimati, fantocci che in passato facevano parte della mia vita ed avevano un posto nel mio cuore di cui ora ne resta solo un involucro plastificato ed informe, abbandonato a terra, sgualcito e calpestato.

Forse sto guarendo.
Forse sto rinunciando.


Sento freddo. E dopo essermi bruciata così tanto, tutto sommato non mi dispiace.