venerdì 28 gennaio 2011

LEGGERE

La prima cosa che faccio quando compro un nuovo libro, è scrivere il mio nome dietro la copertina. Un atto di proprietà che mi arroga il Sacro Diritto di immergermi completamente nella storia che sto per iniziare.

Perché le pagine sono leggére, si librano in aria.
E iniziare a lèggere una storia è un decollo.
A questo serve aggiungere il mio nominativo.
Per essere un passeggero tra i personaggi.

venerdì 14 gennaio 2011

PARALIZZATI NELLE INQUIETUDINI

Mi rendo conto ogni giorno che passa di quanto sia difficile avere ambizioni, crederci con costanza e fare del tutto per realizzarle. In mezzo a tutte quelle correnti opposte che impediscono o comunque contrastano la risalita di un mondo dove tutto sembra degli adulti. Dei "grandi". Si sono disegnati i loro castelli e da lì ci guardano con disprezzo arrancare in questa giungla spietata dove le trappole le mettono proprio loro. Per umiliarci forse. Per mostrarci con arroganza che loro sono bravi, e noi siamo inetti.
Sono loro che ci hanno spinti a studiare. Ma sono loro che di fronte alle nostre lauree si mettono a ridere.
Ci guardano dall'alto in basso con aria di sufficienza e noi ci facciamo scrutare subendo sguardi di disappunto. Hanno ideato sistemi malfunzionanti, ci hanno ingabbiato come criceti e ci hanno messo a correre dentro la ruota, frustandoci se rallentiamo, ridendo se corriamo, indignandosi se ci fermiamo a riprendere fiato.

Sento pulsare in me la rabbia e la sfiducia perché amo la mobilità e non la staticità. Sia come stile di vita che come forma mentis. Ma sento che intorno a me la voglia di formarmi e di fare esperienze è vista come un vezzo, un capriccio. Non qualcosa di indispensabile in un mondo dove le distanze non esistono più e tutto si muove alla velocità della luce. L'incomunicabilità, l'incomprensione, lo smarrimento, misti a desideri che invece mi proiettano alla comunicazione, alla comprensibilità e all'orientarsi in ogni angolo della terra, mi fanno vivere una paralisi mentale che si trasla anche nella mia capacità d'agire. Vorrei conquistare la mia indipendenza. Mi vanno stretti i cliché e la routine. Le convivenze forzate, le piccole e grandi manie, la sensazione di essere un fardello economico e sovvertitore dell'ordine micro-cosmico del pianeta-famiglia, il suscitare compassione quando studio e sdegno quando esco, l'essere costantemente sotto giudizio, il non essere capita come persona, il baratro generazionale e l'impossibilità di dialogo, le frasi di condanna assoluta a priori, i luoghi comuni. Vorrei sganciarmi da tutto questo per rinascere ancora, perché purtroppo sento che mi sto spegnendo di nuovo. Tre anni vissuti sola in un'altra città mi hanno fatto odorare quella che potrebbe essere la mia vita. Quella che cercherò di rincorrere ad ogni costo, ma che sarà difficile acciuffare nella sua totalità a causa di un mondo, quello degli adulti, che non fa altro che denigrare la nostra buona volontà.

Se studi per qualificarti non hai esperienza di lavoro, quindi nessuno ti vuole.
Se smetti di studiare e ti accontenti del primo impiego che trovi (e se sei così fortunato da trovarlo) sei la pietra dello scandalo perché "la laurea ormai la prendono tutti".
Se ti va bene trovi qualcuno disposto a sfruttarti per un po'. Quel po' che ti permette di sopravvivere, ma non di fare progetti per il futuro.
In ogni caso, il tuo valore è 0.

Mi si potrebbe dire che stia scrivendo delle ovvietà. Ma questo non fa che rendere il quadro ancora più drammatico. Preferirei piuttosto essere smentita. Se non altro per trovare via d'uscita da quest'inquietudine nella quale sono incatenata.

sabato 1 gennaio 2011

TORPORE DI CAPODANNO TRA DUBBI E PALPITI

Come tutte le tradizioni che si rispettino, anche la sensazione di stordimento e torpore del primo giorno dell'anno non ha tardato a manifestarsi. Strano che sia proprio il Capodanno ad essere fra i 365 giorni, il meno rimarchevole e forse il più sgradevole. Appesantiti dal sovraccarico di calorie delle feste, sfiancati dalle poche ore di sonno della notte, ci si alza a ora di pranzo senza sapere se scaldare il latte o mangiare le lenticchie avanzate dalla sera prima (perché si sa, il cenone di San Silvestro è composto da una sfilata roboante di portate, ma quando si arriva alle lenticchie - rigorosamente da mangiare dopo la mezzanotte perché portano soldi per il nuovo anno - il pentolone d'acciaio fatica a far calare il suo contenuto, e tutti i commensali si limitano a prenderne "solo un cucchiaio").  La lotta tra il farsi cullare dalla poltrona e la timida voglia di attivarsi ed organizzare una qualsiasi attività per la giornata persiste fino a sera, e senza manco il bisogno di dirlo, la poltrona vince sempre, ogni 1° gennaio.

Complice forse questo fisiologico stato di malessere, aggiunto a svariati dolori e agli inevitabili pensieri alternati tra bilanci e propositi per l'anno che viene, sto vivendo questo giorno in modo del tutto insignificante, con l'aggiunta di un pizzico di insoddisfazione del quale non riesco a cogliere l'origine.

Non sono completamente serena, ho paura di essere giudicata, ho paura di ingerenze che possano influire sullo scorrere della mia esistenza, ho paura di dover dare spiegazioni. Ho paura non so bene di cosa. Ma già il fatto d'aver paura non mi piace affatto.

Sto vivendo momenti sereni. Sto assistendo in diretta alla nascita di un sentimento che mi ha stupita e lasciata incredula. Sono felice di quello che sto vivendo. Forse per questo ho paura, e come la chioccia con i suoi pulcini, vivo costantemente in allerta, cercando di nascondere e occultare quanto di bello mi sta accadendo, per paura che qualcuno possa distruggerlo, portarlo via ancor prima d'avere l'opportunità di evolversi in qualcosa di più grande.

Tenendo questo atteggiamento mi sembra quasi di tradire coloro con cui non condivido la mia novità, eppure non riesco a confidarmi. Forse perché sono stata io la prima ad essere colta di sorpresa, penso che gli altri non possano capirmi. 
Eppure non c'è niente di male, lo so bene, a 22 anni (quasi 23), dopo un intero anno trascorso a fuggire da ogni potenziale fonte d'amore, nel sentire di nuovo il cuore battere forte accanto ad una persona, nell'emozionarsi per le cose piccole e grandi che si condividono insieme. Non è altro che la dimostrazione palese della mia vitalità, che si era spenta per uno spicchio della mia esistenza.

Forse il fatto d'aver vissuto una storia impegnativa di quasi quattro anni mi aveva resa come una donna sposata da tempo, che provava amore, è vero, ma aveva dimenticato l'innamoramento ed i suoi brividi. 
Forse il fatto di ricominciare a provare questa sensazione vecchia eppure nuova mi rende gelosa di essa e mi porta a non palesarla. 
Forse è che lui mi sta coinvolgendo mentalmente, con la sua intelligenza brillante, quella che mi sa tener testa, ed il suo amore per la cultura, la stessa che amo io.
Forse è che siamo così diversi, per non dire opposti in tante cose... Ma è un'opposizione così cerebrale, così piena di wit, che temo il mondo non possa capire cosa io trovi in lui e cosa lui trovi in me. E pure noi c'abbiamo messo un po' per capirlo, ma ora che l'anagramma è stato risolto (e qui i Baustelle calzano alla perfezione) è diventato tutto banalmente palese... È che abbiamo delle intelligenze molto simili, che magari sfruttiamo in campi e per scopi diversi, ma che quando si incontrano fanno faville.

Con un pizzico di presunzione ed un sorriso un po' supponente ci capita di dire che la nostra unione ci eleva a tal punto da creare un "baratro intellettivo" col resto del mondo. Ci sentiamo dei geni incompresi. O meglio, dei geni che si comprendono tra loro. Ed è stato quasi surreale trovarsi e vedersi sotto una luce diversa così d'improvviso, pur conoscendoci da tempo. È come se persi in una folla al buio avessimo camminato sul palco di un teatro scontrandoci innumerevoli volte senza farci caso. Poi un giorno il tecnico delle luci, che potrei definire un moderno cupido,  ha deciso di spararci addosso tutto il bagliore che aveva in mano, semplicemente per metterci a conoscenza che forse quello che andavamo cercando ce l'avevamo sotto il naso, bastava solo alzare lo sguardo e cogliere dei segni.

Lentamente, durante questa scrittura, l'insoddisfazione si è andata placando, ed ora di nuovo, come quando sono in sua compagnia, non penso più agli altri, ma a noi.
Non posso sapere come andrà a finire, non voglio saperlo del resto. Non si può mai sapere. Non si deve mai sapere. Per ora posso dire che se qualche dubbio l'avevo, ora scrivendo sono riuscita a metterlo a tacere. Di nuovo, è tornata la voglia di vivere come un prezioso dono quello che giorno per giorno potrà darmi questo nuovo capitolo della mia vita, questa nuova persona che ha incrociato il mio cammino. Sono pronta per avventurarmi negli infiniti e sconosciuti spazi del mondo e dei sentimenti.