domenica 10 aprile 2011

SPALANCARE LA FINESTRA AL MONDO O FARSI SPIARE TRA LE TENDE?

Quello che intendo scrivere stasera è un po' diverso dal resto dei post pubblicati in questo spazio.
Non farò voli introspettivi nel disperato tentativo di capire l'infinita complessità della mia mente e del mio cuore.
Non correrò con le dita sulla tastiera per sfogare "malesseri speciali" (tanto per dirla con Franco Battiato)
Non esprimerò inquietudine per l'essere giovani nel 2011.

Ho deciso di parlare della scrittura, la mia scrittura; in particolare ho deciso di avventurarmi in riflessioni che hanno per soggetto proprio questo blog. Riflessioni che da tempo sono latenti e che ho evitato accuratamente fino ad ora.

Qualche giorno fa ho partecipato alla conferenza "Quelques stratégies de travail dans le web 2.0" (http://www.dailynterpreter.com/archives/2299) tenuta da Natacha Niemants. Per un'amante della traduzione e della scrittura come me, con forte interesse per l'ambito del marketing, è stato un incontro, oltre che utile e stimolante, davvero rivelatore.
Sono uscita dalla "Sala delle adunanze" dell'Università degli Studi di Perugia con sguardo sognante, occhi lucidi e battito accelerato. Camminavo per le strade della città con un entusiasmo straripante, un sorriso stampato in faccia e la certezza che credere veramente nei propri sogni è il primo passo per concretizzarli.
Per farla breve, ho respirato una boccata d'ottimismo che ha spazzato via i pensieri negativi allontanando la convinzione che "tanto non riuscirò mai a diventare una traduttrice".

Tralasciando la straordinarietà di questa persona, del suo mestiere e della conferenza, il tipo di riflessione di cui voglio parlare ora riguarda tutt'altro argomento.
Natacha Niemants ha sottolineato quanto sia fondamentale la condivisione in un mondo come il web. Più volte mentre lei parlava ho rivolto il pensiero a questo spazio.
Nel momento in cui questo blog è nato, stavo attraversando un periodo molto particolare e difficile. Ero alla ricerca di punti d'appoggio cui aggrapparmi per risalire dal fondo con caparbietà e determinazione, come sono solita fare del resto. La scrittura è stata da sempre un mezzo fondamentale per esprimermi, una crema lenitiva per qualsiasi ferita, l'unico specchio in grado di riflettere fedelmente ed autenticamente le mie variazioni di tono interiori. Per questo ho deciso di registrare ogni stato d'animo ed ogni cambiamento che andavo ad attraversare. Per capirmi. Per darmi delle indicazioni. Per aiutarmi con consigli più oggettivi, come se stessi ascoltando i malesseri di qualcun altro.
Non nascondo, d'altra parte, che quando leggo il prodotto della mia scrittura, provo una punta d'orgoglio nel riscontrare che sfoghi del tutto personali e improvvisati abbiano anche un aspetto gradevole alla lettura.
Più volte ho pensato: " E se quello che scrivo potesse essere utile per qualcuno che si identifica nei vari momenti vissuti da me? E se avessi un pubblico con l'interesse e la voglia di leggermi?"
Da una parte ho sempre avuto voglia d'esser letta, dall'altra ho sempre avuto il timore che questo potesse influire sulla spontaneità di quello che scrivo.
Ho sempre voluto che questo blog fosse uno spazio personale in cui abbandonare ogni inibizione a totale vantaggio della mia libertà. Temo che se sapessi che fosse letto da persone che conosco diventerei politically correct e magari inizierei a mitigare i miei sentimenti finendo per ovattarli, farei delle leggere virate su alcuni temi piuttosto che altri nel timore di mettermi troppo a nudo di fronte a chi mi conosce sotto varie vesti, tranne quella più intima e profonda.
Per queste ragioni ho sempre optato per lasciare questo spazio aperto senza pubblicizzarlo, nel tentativo di raggiungere un compromesso tra notorietà e privacy. Mi piace immaginare che qualche sconosciuto finisca sul mio blog per caso, magari mentre su un motore di ricerca spera di trovare la soluzione ad un problema simile a quelli di cui ho parlato qui. Fino ad ora però non ho mai avuto il coraggio di pubblicizzarmi, o piuttosto di avere utenti intenzionali e da me conosciuti.
La conferenza di Natacha Niemants mi ha fatto però riflettere molto. Benché il suo non sia uno spazio totalmente incentrato sulla sfera privata come il mio, il fatto che lei sia così ben disposta a condividere le sue esperienze, i suoi progetti e le sue conoscenze ha innescato in me una serie di pensieri; forse qualcuno può provare sollievo nel leggere quello che scrivo, forse può essere un semplice passatempo, forse la soluzione a piccoli problemi di ordinaria amministrazione, forse se lo leggesse qualcuno che mi conosce solo in veste "pubblica" può capire meglio molte cose di me, forse potrei ricevere critiche costruttive.
Potrei continuare con i forse, ma in realtà mi sto cominciando ad annoiare di registrarli.
Essendo questo un contenitore di riflessioni, non sono naturalmente giunta alla soluzione del mio dubbio, anzi, proprio per questo mi è venuto spontaneo scriverlo qui. Per trovarvi una risposta. Continuerò a meditare in questi giorni. Sceglierò tra la penombra e l'ingresso ufficiale nel web. Ad ogni modo non rinuncerò mai alla totale spontaneità di questo rifugio.

Ah. Per i miei lettori casuali e sconosciuti che avvistano il mio profilo nella penombra e si chiedono "Ma chi è questa Natacha Niemants?" La risposta è qui, http://www.dailynterpreter.com/ nel suo sito.

domenica 3 aprile 2011

UN BRIVIDO ESPRESSIONISTA

Il cambio di tonalità nei colori delle giornate provoca sempre in me qualche sorta di emozione.
È come se le sfumature delle transizioni stagionali attraversassero anche il mio corpo per poi arrivare a permeare i sentimenti. Sono lievi e graduali passaggi, spesso caratterizzati dalla convivenza di stati d'animo differenti, che a volte emergono fino a diventare quasi palpabili.
Di solito la percezione del cambiamento avviene in un istante preciso. E mi viene da pensare ad un quadro di Pollock; a quell'istante in cui il colore incontra la tela, magari provocando una flessione impercettibile seguita dalla penetrazione del colore tra le fibre. Se la tela fosse senziente avvertirebbe un brivido. Si accorgerebbe del suo cambiamento di stato.
Allo stesso modo, qualche giorno fa, la primavera mi è schizzata addosso, mentre trascinavo la valigia verso la stazione. Ne ho avvertito il profumo, anche se procedevo a passo svelto su un marciapiede accanto al traffico congestionato dove a fiorire è solo lo smog. Ne ho avvertito il calore, col sole che mi accarezzava il viso quasi  ad invitarmi ad una pausa per guardare l'azzurro terso del cielo. Ne ho avvertito persino la malinconia, perché si sa, la primavera è la stagione del risveglio, e proprio per questo è il momento in cui mi rendo conto che il tempo scorre velocemente ed ho paura di non stare al passo, nonostante la mia marcia veloce con valigie colme di buoni propositi.
È la mia stagione preferita, la primavera. Ogni anno in cui viene a colorarmi lo spirito, ricordo la prima volta in cui mi sentii come un quadro di Pollock: rivedo le mie gambe colorate dal celeste dei primi collant leggeri della stagione, un paio di ballerine ed un vestito dai colori pastello. Rivedo il color rosso mattone della pavimentazione che ricopre la piazzetta sotto al mio palazzo. Ricordo che era domenica, e aspettavo le mie amiche per andare alla Messa. Era l'anno precedente alla Cresima.
Tante cose sono cambiate da quel momento - prima fra tutte l'allontanamento dalla Chiesa Cattolica - eppure quel sentimento nei confronti del risveglio primaverile è rimasto immutato.
Nel mio percorso verso la stazione ho rivisto i collant celesti e il pavimento rosso mattone, ed è in quell'istante che ho sentito il brivido, e Le ho dato il benvenuto.
Un altro inverno è passato velocemente. Un altro ne arriverà altrettanto rapidamente. Per ora prendo in mano un pennello ed inizio a sfumare quel meraviglioso schizzo di colore espressionista, cercando di ottenerne dei  contorni impressionisti.