venerdì 16 settembre 2011

ENTUSIASMO INQUIETO A PARIGI

Parigi. 
Prima della partenza era il nome di una grande capitale. 
All'aeroporto era una destinazione.
Ora sono strade, negozi, persone, edifici. 
Realtà, vita quotidiana.
Una settimana. 
Per vedere i fulcri del turismo.
Per districarmi tra i diversi uffici.
Per capire che effettivamente ora è qui che vivo.
Ed ora, dopo una settimana, è arrivato il momento giusto per scrivere qui.

Potrei elencare una babele di stati d'animo che in me si incontrano e si scontrano.
Dalla gioia incontenibile nel passeggiare per le stradine di Montmartre, fino al respiro mozzato nell'istante in cui mi sono trovata sotto la Tour Eiffel.
Dal senso di spaesamento ed anche di inettitudine nel constatare che sono una studentessa di lingue, studio il francese con risultati eccellenti da più di dieci anni, ma la lingua parlata non si impara sui libri, e qui sono una principiante che manca totalmente di fluidità, fino allo scoraggiamento nello scoprire che le Università invece di aiutare gli studenti li ostacolano in ogni modo, dalla burocrazia alla logistica.

Eppure, anche se potrei parlare nei dettagli di tutto questo, sento il bisogno di parlare di me stessa, dell'influenza che questa esperienza sta avendo dentro di me, più che dell'esperienza in sé.

Appena arrivata ho avuto la sensazione di riprendere in mano la mia vita, di ritrovare me stessa, di vivere per me. Quei grandi respiri a pieni polmoni che ti fanno sentire libera, autonoma, intraprendente, indipendente.
Mi sono sentita leggera, ecco. Come se mi fossi disfatta di tutte le mie inquietudini durante il volo. Come se progressivamente avessi lasciato la presa che mi legava a tutto quello che mi provocava malessere.

Questo entusiasmo purtroppo oggi è svanito. Così d'improvviso. 
Dal punto di vista professionale.
Ho paura, di nuovo, di non riuscire ad arrivare dove voglio, e in alcuni momenti temo di non sapere nemmeno con troppa certezza dove voglio arrivare. Temo di aver sbagliato i percorsi per raggiungere i miei obiettivi, temo di aver perso tempo ed energie focalizzandomi su bersagli sfocati ed effimeri.
Dal punto di vista sentimentale.
Sento un gran bisogno di essere amata. Temo che l'indipendenza e l'intraprendenza finiranno per rendermi una persona fredda e sola. Ed invece avrei bisogno d'un giusto compromesso. Di qualcuno che mi sostenga nei miei progetti, ma che abbia la capacità e il desiderio di starmi accanto. Ho bisogno di costruire. Non solo dal punto di vista professionale, ma anche e soprattutto dal punto di vista sentimentale. Non vorrei che uno sconosciuto entrasse nella mia vita, conoscesse i lati più fragili di me e poi sparisse. Ho bisogno di complicità, di stare insieme sul serio, di condividere e di farsi forza reciprocamente, per creare un futuro insieme. Temo di non riuscire in tutto questo. Temo di essere troppo complicata perché qualcuno possa leggermi fino nelle vene, temo che se qualcuno fosse davvero in grado di farlo scapperebbe lontano da me, perché dietro i miei sorrisi ed il mio brio, si nasconde anche una persona profonda che può risultare forse poco interessante o addirittura noiosa.

Non so come tornerò dopo cinque mesi qui. Spero più consapevole. Spero con qualche soluzione in più per queste mie preoccupazioni. Spero. Oggi non posso far altro che sperare. Disincantata e impaurita.

mercoledì 7 settembre 2011

SOTTOVUOTO

Maglioni e pensieri in sottovuoto.
Nonostante i secondi pesino molto più dei primi, dovrei essere nei limiti consentiti.
Ormai le valigie sono chiuse.
L'Italia la rivedrò tra circa cinque mesi.
Domani è il mio ultimo giorno qui.
Dopodomani volerò verso uno dei primi sogni della mia vita.

Fra i banchi di scuola mi sembrava un'impresa colossale ed irraggiungibile.
Fantasticavo sui grandi nomi del passato che percorrevano le austere sale della Sorbona.

Oggi, è un piccolo tassello da aggiungere alle mie esperienze e alla mia formazione.
A piccoli passi ho percorso le mie strade. Mi sono prefissata delle mete intermedie. Tante ancora ne dovrò raggiungere.

Eppure una di queste mi vedrà arrivare tra due giorni.
Si chiama Parigi. Si chiama Sorbonne.

Ne sto prendendo coscienza in questo momento.
I miei nervi tesi si stanno lentamente rilassando.
Lentamente dalla testa, alle spalle, fino alle braccia, il busto e le gambe, la tensione mi sta abbandonando.
Le tensioni mi stanno abbandonando.
Sto riprendendo in pugno le mie emozioni.
Quelle che avevo cercato fino a questo momento di reprimere e dominare, in favore di una concentrazione assoluta che non potevo permettermi di perdere.

E proprio ora, in questo processo lento e graduale di distensione, assaporo la realtà che mi aspetta. Realizzo che si sta aprendo una nuova pagina della mia vita, da riempire di sfumature e contrasti.
Percepisco i timori e l'impazienza. Le aspettative e le potenziali delusioni.

Ma soprattutto prendo coscienza che non si tratta più di un nome in testa ad una graduatoria. Ma di me in una nuova città, in una grande università.

Rivedo le scene dell'ultimo mese che ho trascorso. Un concentrato di eventi che si confondono e si accavallano. La difficoltà nel tenere le redini di una vita che sembrava solo voler andare a briglia sciolta:

- L'ostilità di un mondo eccessivamente macchinoso e privo di ogni senso di logica, spaventato dal pensiero ed ancorato a procedure assurde.
- Volti che mi erano vicini e mi dimostravano amore che d'improvviso sono evaporati lasciandomi l'amaro di un addio che non ho potuto nemmeno metabolizzare.
- La sensazione d'aver perduto tutto, e la serenità nel constatare un esplosione di affetti disposti ad accorrere in mio soccorso per scaldarmi il cuore e portarmelo in salvo ad ogni costo, con l'obiettivo di farlo arrivare integro a questa nuova esperienza.

In questo momento di riflessione vorrei abbracciare chi ha avuto il coraggio, la pazienza, la voglia, il desiderio di starmi accanto. 
Chi mi ha vista piangere, nascondere le lacrime, ridere, e far finta di ridere. 
Chi mi ha vista far finta di niente quando mi sentivo morire dentro e pur capendolo è stato al mio gioco. 
Chi mi ha vista far finta di niente quando mi sentivo morire dentro e mi ha tirato fuori dall'anima i fantasmi più terrificanti stipati nelle pieghe del mio cuore.
Chi mi ha donato la luce per incoraggiarmi ed illuminare il mio cammino.

sabato 3 settembre 2011

AMORE INDUSTRIALE

Non ho più voglia di persone controverse. 
Pensieri lugubri. 
Amori vissuti col freno a mano. 
Con la paura di mostrarsi felici. 
Con un senso di colpa nel vivere la gioia di stare insieme. 
Con un continuo slalom per evitare tutte quelle manifestazioni stupide "da innamorati".
Che però nella loro stupidità mostrano tutta la bellezza del lasciarsi andare all'amore.

Non bisogna aver paura di farsi leggere l'amore e la gioia negli occhi.

Voglio vivere un amore di quelli stupidamente veri.
Quegli amori fatti anche di serate romantiche, di pensieri gentili, di foto abbracciati, di messaggi d'amore, di effusioni e di baci appassionati in mezzo alla gente.

L'amore è anche questo.
E non bisogna evitarlo perché "lo fanno tutti".
L'amore è sentirsi il cuore leggero.


Sono espressioni di serenità, di concordia della coppia col mondo.

Se si vive apprezzando solo il degrado della condizione umana, rifuggendone gli aspetti armoniosi ed assolati, e si pretende di far germogliare una relazione di coppia in questo contesto, anche la relazione ne risulterà influenzata, degradandosi a sua volta. 


Se per ogni sorriso si pensa ad una lacrima, se per ogni gesto si pensa all'inutilità di un gesto, se per ogni parola si pensa al vuoto della parola, l'amore non fiorisce, e la recita di un amore industriale che vive nella ruggine, verrà corroso da quest'ultima fino alla morte.

L'amore non è ruggine. L'amore è salute, vigore, entusiasmo.

Anche l'animo più maledetto, prima o poi dovrà accettarlo.