martedì 18 dicembre 2012

SONO E NON SEI

Un pensiero.
Mi ha tolto la capacità di scrivere.
Un pensiero.

Mi ha bloccata nell'emozione inesprimibile.
Parole.
Mi hanno sempre salvata.
Parole.
Hanno saputo cavalcare le gioie e scavare le ferite.

Tu.
Non so scriverti.
Tu.
Non so descriverti.
Tu.
Non lo sai.

Sono fuggita di nuovo.
Sono più felice.
Sono.
Finalmente, SONO.

Ma non ci sei tu.

martedì 16 ottobre 2012

Colpevole

Ho lavorato talmente bene su me stessa,
che cercando di domare l'Impulsività
ho finito per uccidere la Spontaneità.

giovedì 4 ottobre 2012

Totalizzante

Totale.
Confusione, immensità.
Totalizzante.
Caos di vita e passione.
Non si sopisce.
Mi spazza via.
E non lo sa.

martedì 21 agosto 2012

Ossessione

Ossessione.

Incontenibile. Inaspettata. Esplosione.
Travolgente. Devastante. Inondazione.
Divelti. I recinti. Della Cognizione.

Ossessione.

Dolce. Incontenibile. Allegria.
Profonda. Silenziosa. Malinconia.
Profanati. I confini. Della fantasia.

Ossessione.

domenica 12 agosto 2012

Residente a...

Ritmico scorrere delle rotelle su mattoncini, mattonelle, sampietrini, piastre e piastrelle logorati dal passaggio e dal passeggio di anonimi passanti.
Voci e odori si esibiscono e si fondono in danze cangianti. Multiculturalismo sensoriale.
Altoparlanti e attese di ritardi che dilatano gli arrivi e amplificano le impazienze.
Ripiego la casa in valigia e scelgo i percorsi come residenza fissa di un pensiero mobile.

lunedì 23 luglio 2012

Vuoto

Fuga fugace serva padrona.
Fuga fulminea elettrica statica,
Fuga ferina forzata fasciata.
Fuga disorganizzata.
Imprigionata.
Innaturale.
Inarrestabile.
Selvaggia.
Immobile fuga.
Da te. Da voi. Da loro.
Da me.
Ritrosia a ritroso nel futuro galoppante.
Vita elastica d'un corpo rigido.
Invasioni.
Minacce minacciate e minacciose.
Proprietà violate da pensieri incrinati.
Spettri armati in guerre asettiche.
Vuoto.

mercoledì 20 giugno 2012

Notte

Respiro la notte pacata d'oscurità avvolgente e di luci lontane.
Onde di automobili distanti si infrangono sulle rive asfaltate della città.
Ho appreso il silenzio della solitudine. 
Mi sussurra conforto e vigore.
Soliloqui altisonanti vibrano nei pensieri affaticati.
Estemporanee riflessioni affollate da riflessi di volti e parole.
Attese eterne di un nulla dorato accompagnano i vicini rintocchi delle campane.

lunedì 4 giugno 2012

POINT FINAL

Divori una pagina dopo l'altra e poi, quando la velocità potrebbe far proseguire la tua nobile corsa per inerzia, si apre davanti a te una voragine senza fondo. 

Il point final

Ti lasci cadere, ti abbandoni a quell'incolmabile senso di vuoto; mentre vai giù, t'accorgi che i protagonisti del libro cui ti eri morbosamente affezionata, si librano in alto nei cieli della fantasia. 
Li vedi allontanarsi proprio quando il pensiero che anche loro stessero sprofondando insieme a te, confortava almeno in parte il tuo destino di lettore appassionato.
E intanto, tu ricadi rovinosamente nel mondo reale. 
Il momento del distacco è sempre un misto di dolore e malinconia. 
A volte ti penti d'aver corso così tanto. 
Però t'accorgi che quella corsa ti ha regalato un brivido estremo: ha marchiato a vita i tuoi pensieri.
Riponi un nuovo libro nello scaffale della memoria.
E tra fedeltà ed infedeltà, ti chiedi chissà quali pagine torneranno a farti innamorare, ancora.

mercoledì 16 maggio 2012

Su un piatto di nichel

Periodicamente, di fronte ad infelici bilanci sulla propria vita che mai si dovrebbero fare - soprattutto a ventiquattro anni quando tutto è ancora in ballo e il terreno sotto ai piedi se non c'è non è perché sia già crollato, ma perché ancora bisogna crearselo - ci si ritrova a combattere contro una lista infinita di pensieri negativi che puntano solo all'autodistruzione e all'autocommiserazione.
Nonostante sia assolutamente cosciente di quanto questa pratica sia improduttiva, o meglio, controproducente, di tanto in tanto mi ritrovo con una melma d'angoscia che sale fin sotto al naso, dando l'impressione di occludere le vie respiratorie già parzialmente ostruite dalla brutta aria che tira di questi tempi in Italia per "noi giovani". 
"Noi giovani" è un'espressione che mi dà quasi i brividi. La concettualizzo come una produzione in serie che sforna questi strani "esemplari" dalla dubbia utilità. Dei burattini un po' stravaganti su un nastro trasportatore che si interrompe bruscamente nel vuoto. Mi repelle anche un po' rientrare nella categoria "noi giovani". Ogni tanto penso che sarebbe più comodo far parte degli anziani, magari anche di quelli un po' bacchettoni che si arrogano il diritto di dire che siamo una generazione che fa schifo e che i percorsi che abbiamo intrapreso non ci portano da nessuna parte. Senza rendersi conto che la generazione che fa schifo l'hanno cresciuta loro e che sono sempre loro ad aver creato i percorsi che noi abbiamo intrapreso e che non servono a niente.
I nostri piani di studio poco spendibili sul piano del lavoro non li abbiamo ideati noi, la "tre più due" che tutti dicono sia un modo per studiare di meno, non l'abbiamo voluta noi (e per inciso, tengo a precisare che non è che con la tre più due si studia di meno, ma si studia peggio.), l'eterna vita da stagisti per passione che nostro malgrado ci costringe ancora a non poter avere una casa nostra e a pesare sulle nostre famiglie, beh nemmeno quella, l'abbiamo voluta noi. Tutto questo ci è stato servito su un piatto di nichel, nonostante avessimo fatto presente di essere allergici a questa sostanza.
Quello che manca, è la collaborazione intergenerazionale. Ad ogni fase della vita si tende a scordarsi di quella precedente, oppure a guardarla con rimpianto per i tempi andati mostrando una certa intolleranza per chi invece ci è ancora dentro, o peggio ancora, ancora ci deve arrivare. Per questo, "voi grandi" invece di lasciare appoggiata all'albero la scaletta di cui vi siete serviti per salire in cima, la spazzate via con un ghigno sprezzante e ci invitate a servirci delle quattro liane putrefatte che voi non avete mai avuto il coraggio di utilizzare.
Quel che mi spaventa, è che a ventiquattro anni io mi sento già grande. Non abbastanza per essere ammessa nel circolo dei cinici, ma troppo per essere ancora bollata nella categoria "giovani" con tutti relativi i tratti semantici dispregiativi che gli sono attribuiti.
La buona volontà, la determinazione e la caparbietà mi hanno sempre contraddistinta. Insieme a tanta voglia di lavorare sodo per ottenere quello che volevo sempre meritandomelo. Eppure c'è un limite di sopportazione per tutto.
A un passo dalla laurea specialistica, dopo aver avuto il coraggio di rimanere dentro un sistema universitario polveroso da cui il meglio che ho tratto è stato grazie all'approfondimento personale e alle poche persone che lavorano davvero per crescere delle persone riponendo in loro sincera fiducia, mi sento dire che ora le lauree non bastano più. Che ci vuole il master. Me lo sento dire dalla stessa generazione che mi dà della bambocciona perché a ventiquattro anni ancora studio, non lavoro e sto a casa dei miei. Mila euro per un master. Dopo aver passato una vita sui libri. Ti dicono che devi entrare nel mondo del lavoro, che devi smettere di studiare. Ma per farlo, devi ancora spendere euro su euro per... studiare! Per quanto tempo ancora? Quand'è che smetterò di pagare gli altri e inizieranno a pagare me per applicare le conoscenze che ho acquisito? Quand'è che smetteranno di prenderci in giro con annunci di lavoro che ricercano profili di giovani laureati con esperienza pluriennale per tre mesi di sfruttamento in cui vogliono convincerti di essere un imbecille?

Non è solo il lavoro che mi preoccupa.
Se devo dare una colpa a questa generazione di "noi giovani", è la reazione emozionale conseguente a questo panorama devastato.
Siamo soli. Emotivamente disabili. Assopiti ed iperconnessi.
Le relazioni si sfilacciano di fronte alle incertezze.
Le persone si allontanano di fronte all'incapacità di tenersi strette.
In mezzo alla burrasca piuttosto che stringerci le mani e fare muro, ci ritraiamo per paura di contrarre qualche legame che può cambiarci. Che può resistere nel tempo.
L'amore ne risente. La tecnologia non fa sentire la mancanza di nessuno. Nell'assenza ci perseguita la presenza. 
Nessuno fa follie per amore. Nessuno fa follie per conquistare il cuore di qualcun altro.
Un fiore, una corsa a perdifiato per raggiungere un treno o un aereo in partenza, una sorpresa inaspettata sotto la porta di casa.
Forse nessuno fa più follie, perché nessuno crede più di valere una follia.
Qualcuno prima o poi salirà su uno dei tanti treni o aerei con i quali fuggo costantemente dal timore del nulla. Qualcuno prima o poi confesserà di amarmi con la voce spezzata da una corsa folle per non lasciarmi andare.
Qualcuno prima o poi fuggirà con me, con la voglia di restare.
Il mio cuore non è sereno. 
Pieno di tutti, ma vuoto di te.
Pieno di tutto, ma vuoto di me.

lunedì 30 aprile 2012

TRE A TRE

L'Armonia si crea. L'Armonia si offre e si riceve. L'Armonia si vive.
Armonia di curve, di sorrisi, di sguardi e di cuore.
Quattro stracci impolverati, un respiro profondo e sogni enormi che corrono verso l'ignoto.
Tre passi incerti e tre possibilisti.
Tre passi amari e tre impazienti.
Aspetto.
Vorrei divorare il mondo con la mia corsa.
Ma aspetto.

martedì 13 marzo 2012

Soliloquio

Cultura e Solitudine.
Un binomio strano, può darsi, eppure mi ritrovo spesso a notare questa insolita liaison.
Non mi ritengo appartenente a chissà quale prestigiosa élite culturale. 
Mi rendo conto che più leggo, più studio, più apprendo, maggiore è il baratro dell'ignoranza che mi si spalanca davanti. 
Lo so, Socrate se ne accorse prima di me... il "so di non sapere", la docta ignorantia, and so on.

Ma non è questo il punto.

La consapevolezza dell'immensità della conoscenza mi rende avida ed estremamente curiosa. Sentir crescere interesse per qualcosa che il mondo esterno mi suggerisce e che ignoro, mi rende felice. E nel momento in cui l'ignoto diventa noto, mi sento più completa ed incompleta allo stesso tempo. 
Come se per ogni tassello aggiunto, la superficie da riempire raddoppiasse.

Il binomio cultura e solitudine si realizza principalmente in due modi:

Il primo, si verifica quando incontriamo persone avide di sapere come noi. Chi ama la cultura - lo confesso - è gente strana. Rincorre la conoscenza come farebbe con una farfalla che volteggia su un campo dal verde infinito. E nell'infinitezza si perde. A volte ci si scontra con qualche soggetto che incrocia fortuitamente il nostro errare, ma tutti quanti nez en l'air affascinati dal volteggiare di colori e forme, pensiamo più a librarci in aria che guardarci negli occhi.

Il secondo, invece, avviene quando incontriamo persone che i piedi ce li hanno piantati in terra, ed anche se una farfalla gli si fermasse sulla punta del naso, non la vedrebbero nemmeno. Per noi che le farfalle hanno la forma dei libri, ci sembra assurdo che si possa vivere senza. E se adesso dicessi "anacoluto", nessuno di loro mi capirebbe. E allora ci si sente soli, perché abbiamo dentro un mondo che non possiamo raccontare.

"Cultura e solitudine" è eccesso e mancanza di curiosità. Entrambi inconcepibili per un curioso.

mercoledì 7 marzo 2012

Alla ricerca della femminilità perduta

Indosso un sorriso. Lo calzo come la scarpetta di Cenerentola. Ma mi va stretto, come avessi il piede delle sorellastre.
Mostro entusiasmo, energia e vitalità, per occultare la solitudine, lo smarrimento e la malinconia che stanno dentro.

L'erasmus mi ha restituito umanità. Proprio per questo, soffro quando non ne sento intorno a me.
Mi sono ammorbidita. Per questo sono più vulnerabile.
Sono più malleabile, ho attenuato per alcuni aspetti la rigidità che mi ingabbiava.
Mi sono riscoperta donna.
Ho forgiato un carattere forte ed imperturbabile, almeno in apparenza.
Ho sempre sentito in me l'androgino. Avvertivo in me la compresenza di entrambi i sessi.
La forza dell'uomo, la sensibilità della donna.
Ora sento di dover lasciare il giusto spazio alla mia femminilità, di esprimerla non solo esteriormente, come peraltro ho sempre fatto, ma anche interiormente.
Non voglio più vergognarmi delle debolezze di una donna.
Non voglio più impormi ed imporre agli altri l'immagine di un essere che non ha bisogno di niente e nessuno.
Ho le mie debolezze, ho bisogno d'affetto.
Ho bisogno di ricevere piccole attenzioni, di amare e d'essere amata.
Ho bisogno di un abbraccio rassicurante.
Ho bisogno d'essere corteggiata.
Ho bisogno di sentirmi protetta.
Sogno un amore vero, stavolta.

La solitudine è solo l'incapacità di stare insieme.
Sogno un Uomo che mi possa dire sempre, a prescindere da tutto e da tutti, "Io ci sono".

domenica 26 febbraio 2012

Il ritorno

Nuoto e affondo.
Vinco e perdo.
Vivo e muoio.
Il ritorno. 
Il ritorno ti sbatte in faccia quello che ti eri lasciata alle spalle abbassando lo sguardo. Con una violenza inaudita. 
Il ritorno ti fa rientrare cresciuta, ma con gli stessi mezzi che avevi prima della partenza, con la stessa realtà. Con più solitudine.
Il ritorno ti fa vedere il degrado della realtà in cui vivi, con un'energia così dirompente che senti l'odore acre invaderti e penetrarti fino nelle ossa.
Ti fa sentire un peso per la famiglia, perché il sogno di libertà che hai accarezzato ti si frantuma nelle mani e ti fa entrare le schegge nei polpastrelli.
E allora passi la tua gioventù in tuta accanto al camino. Perché se non ti diverti, ti senti meno in colpa.
Mentre fuori il mondo balla, grida, sorride, ama, sbaglia, e lo fa con gusto.
Il ritorno, ti fa sentire che in fondo, non stai bene con nessuno. Perché non sei più quella che eri.
Il ritorno ti fa sentire l' "insostenibile pesantezza dell'essere". Tua, e degli altri.
Il ritorno ti fa venir voglia di prendere in mano il mondo, senza considerare che la società ti ha amputato le braccia.
E allora ti incazzi, perché non è che "non puoi farci niente", ma tutto quello che fai, non basta.

sabato 4 febbraio 2012

Onirismo Parigino

Sublime alienazione.
Unheimlich.
I trottoirs affollati della ville lumière che calpestavo a passo veloce e deciso, il parlottio sommesso nei café accompagnato dal tintinnio inebriante dei bicchieri e del vino, i colossali monumenti di una città leggendaria che finché non te li trovi davanti sembrano relegati a mera dimensione iconografica... Tutto questo è di nuovo avvolto in quella fitta nebbia onirica, in quell'aura magica che solo pochi luoghi custodiscono in sé.
Rincorro la mia immagine per i boulevards di Parigi: la seguo tra piccole boulangeries mentre ad occhi chiusi respira l'odore del pane caldo; la rimprovero teneramente mentre cede alla meraviglia delle golose creazioni della pâtisserie francese; sento la sua fatica impaziente nel salire i gradini della Tour Eiffel, di Notre-Dame e dell'Arc de Triomphe; la perdo di vista mentre sconfortata cerca pace fra le sculture del musée Rodin; la ritrovo nell'energia di un salto su pont Alexandre III.
La rincorro. Ma non riesco ad afferrarla. Come se avessi dormito per cinque mesi, la realtà si confonde col sogno, il sogno si confonde con la realtà. E la nebbia cala. Insieme alla neve straordinaria che ha accolto il mio rientro in Italia.
Mi sembra d'aver sognato. Ma intorno a me tanti indizi mi suggeriscono d'esserci stata veramente. Mappe della città, boîtes à biscuits e tante persone che mi chiedono: "com'è stato il rientro?".


Ti guardo in foto e ancora sorrido incredula.
Ero proprio io lì con te?
Ciao Paris.

sabato 21 gennaio 2012

Contemplazione

Ricostruirsi in permanenza.
Demolirsi, scomporsi, frammentarsi.
Per guardarsi poi meglio da lontano.
Con uno sguardo unitario e decomposto allo stesso tempo.
Conoscersi troppo, ma mai completamente.
Amarsi troppo, ma mai abbastanza.
Per conoscere gli altri, per amare gli altri.

Lanciarsi nel vuoto, è speranza che qualcuno ci prenda.
Contemplare la solitudine, è attesa che qualcuno arrivi per farci compagnia.