martedì 13 marzo 2012

Soliloquio

Cultura e Solitudine.
Un binomio strano, può darsi, eppure mi ritrovo spesso a notare questa insolita liaison.
Non mi ritengo appartenente a chissà quale prestigiosa élite culturale. 
Mi rendo conto che più leggo, più studio, più apprendo, maggiore è il baratro dell'ignoranza che mi si spalanca davanti. 
Lo so, Socrate se ne accorse prima di me... il "so di non sapere", la docta ignorantia, and so on.

Ma non è questo il punto.

La consapevolezza dell'immensità della conoscenza mi rende avida ed estremamente curiosa. Sentir crescere interesse per qualcosa che il mondo esterno mi suggerisce e che ignoro, mi rende felice. E nel momento in cui l'ignoto diventa noto, mi sento più completa ed incompleta allo stesso tempo. 
Come se per ogni tassello aggiunto, la superficie da riempire raddoppiasse.

Il binomio cultura e solitudine si realizza principalmente in due modi:

Il primo, si verifica quando incontriamo persone avide di sapere come noi. Chi ama la cultura - lo confesso - è gente strana. Rincorre la conoscenza come farebbe con una farfalla che volteggia su un campo dal verde infinito. E nell'infinitezza si perde. A volte ci si scontra con qualche soggetto che incrocia fortuitamente il nostro errare, ma tutti quanti nez en l'air affascinati dal volteggiare di colori e forme, pensiamo più a librarci in aria che guardarci negli occhi.

Il secondo, invece, avviene quando incontriamo persone che i piedi ce li hanno piantati in terra, ed anche se una farfalla gli si fermasse sulla punta del naso, non la vedrebbero nemmeno. Per noi che le farfalle hanno la forma dei libri, ci sembra assurdo che si possa vivere senza. E se adesso dicessi "anacoluto", nessuno di loro mi capirebbe. E allora ci si sente soli, perché abbiamo dentro un mondo che non possiamo raccontare.

"Cultura e solitudine" è eccesso e mancanza di curiosità. Entrambi inconcepibili per un curioso.

mercoledì 7 marzo 2012

Alla ricerca della femminilità perduta

Indosso un sorriso. Lo calzo come la scarpetta di Cenerentola. Ma mi va stretto, come avessi il piede delle sorellastre.
Mostro entusiasmo, energia e vitalità, per occultare la solitudine, lo smarrimento e la malinconia che stanno dentro.

L'erasmus mi ha restituito umanità. Proprio per questo, soffro quando non ne sento intorno a me.
Mi sono ammorbidita. Per questo sono più vulnerabile.
Sono più malleabile, ho attenuato per alcuni aspetti la rigidità che mi ingabbiava.
Mi sono riscoperta donna.
Ho forgiato un carattere forte ed imperturbabile, almeno in apparenza.
Ho sempre sentito in me l'androgino. Avvertivo in me la compresenza di entrambi i sessi.
La forza dell'uomo, la sensibilità della donna.
Ora sento di dover lasciare il giusto spazio alla mia femminilità, di esprimerla non solo esteriormente, come peraltro ho sempre fatto, ma anche interiormente.
Non voglio più vergognarmi delle debolezze di una donna.
Non voglio più impormi ed imporre agli altri l'immagine di un essere che non ha bisogno di niente e nessuno.
Ho le mie debolezze, ho bisogno d'affetto.
Ho bisogno di ricevere piccole attenzioni, di amare e d'essere amata.
Ho bisogno di un abbraccio rassicurante.
Ho bisogno d'essere corteggiata.
Ho bisogno di sentirmi protetta.
Sogno un amore vero, stavolta.

La solitudine è solo l'incapacità di stare insieme.
Sogno un Uomo che mi possa dire sempre, a prescindere da tutto e da tutti, "Io ci sono".