sabato 5 marzo 2011

ESSERE MIOPI IN UN MONDO SFOCATO

Prima settimana a Perugia.
Nuova stanza. Nuove ragazze con cui condividere la casa. Nuovi corsi da seguire.
Vecchia città. Vecchia facoltà. Vecchi compagni di corso.
Un nuovo inizio. O forse la nuova puntata di una vecchia storia.
Momenti di euforia alternati a momenti di malessere.
Momenti di malessere alternati a momenti di euforia.
Spaesata in luoghi familiari.
A casa in luoghi sconosciuti.
Ogni fase di cambiamento offre infiniti spunti di riflessione.
Ogni riflessione a cui non si trova spiegazione logica genera malumore.
E così vivo sensazioni di inadeguatezza. Paure ed insicurezze.
Per me. Per il presente. Per il futuro.
Vivo l'impegno universitario con grande responsabilità.
Ho voglia di riuscire.
Eppure sono consapevole che non basta.
Voglio tradurre. Vorrei tradurre.
Ho paura di non farcela.
Ed ho paura di non saper fare altro.
Affronto questo ritorno alla vita fuori casa in modo diverso dai precedenti tre anni.
Sono cresciuta, maturata. 
E mi sento un peso. 
Perché non ho autonomia economica.
Vorrei averne. Ma non so da dove partire.
Vorrei lavorare. 
Ma vorrei allo stesso tempo seguire il percorso universitario in maniera completa sfruttando al massimo tutto il tempo e le potenzialità che posso dedicargli. Perché la paura di non riuscire è tanta. E so di non poter allentare i ritmi di studio. Perché studiare (e lavorare con) le lingue richiede continuità. Impegno costante e ininterrotto. E non posso distrarmi. Seguo i corsi da mattina a sera. E so che il dopocena è dedicato al lavoro individuale. A casa. Per non perdere l'allenamento. Chi si dedica allo studio delle lingue è un atleta. Non può permettersi di restare senza fiato. Non può permettersi pause. Perché sul cronometro il tempo scorre. E se l'intenzione è di lavorarci in modo serio, di fare di una lingua la propria vita, lo studio non può occupare un ruolo marginale, ma deve essere protagonista. Come la palestra per l'atleta che gareggia con la Nazionale.
"La lingua è qualcosa di molto difficile da apprendere e di molto facile da dimenticare", è quello che ha affermato la professoressa di inglese nel corso della prima lezione dedicata alla Cognitive Linguistics.
Ed è tremendamente vero.
Nonostante questo mi sento un peso. Mi sento a disagio ad accettare i soldi dei miei.
Vivo un blocco interiore. Vivo nell'incapacità di agire. Vivo un malessere che mi impedisce di essere serena.
Credo di conoscermi abbastanza bene. So che in seguito a questi periodi di inettitudine riesco a trovare degli slanci per agire meglio di come possa immaginare. Ma ora che sono sommersa nella stasi, mi sento solo mancare l'aria. Mi sento annegare. Nella mia mancanza di autonomia. Nella paura di non riuscire. 
Ho bisogno di appigli che possano darmi sicurezza. 
Ho bisogno di conferme. 
Ho bisogno di piccole soddisfazioni che possano incoraggiarmi e sussurrarmi che sto seguendo le strade giuste.
Ho bisogno di sapere che il percorso che ho intrapreso ha una qualche destinazione.

E forse tutti questi bisogni non li avverto solo io, ma tanti altri giovani come me, che hanno dei sogni e la ferma volontà di realizzarli.