sabato 1 gennaio 2011

TORPORE DI CAPODANNO TRA DUBBI E PALPITI

Come tutte le tradizioni che si rispettino, anche la sensazione di stordimento e torpore del primo giorno dell'anno non ha tardato a manifestarsi. Strano che sia proprio il Capodanno ad essere fra i 365 giorni, il meno rimarchevole e forse il più sgradevole. Appesantiti dal sovraccarico di calorie delle feste, sfiancati dalle poche ore di sonno della notte, ci si alza a ora di pranzo senza sapere se scaldare il latte o mangiare le lenticchie avanzate dalla sera prima (perché si sa, il cenone di San Silvestro è composto da una sfilata roboante di portate, ma quando si arriva alle lenticchie - rigorosamente da mangiare dopo la mezzanotte perché portano soldi per il nuovo anno - il pentolone d'acciaio fatica a far calare il suo contenuto, e tutti i commensali si limitano a prenderne "solo un cucchiaio").  La lotta tra il farsi cullare dalla poltrona e la timida voglia di attivarsi ed organizzare una qualsiasi attività per la giornata persiste fino a sera, e senza manco il bisogno di dirlo, la poltrona vince sempre, ogni 1° gennaio.

Complice forse questo fisiologico stato di malessere, aggiunto a svariati dolori e agli inevitabili pensieri alternati tra bilanci e propositi per l'anno che viene, sto vivendo questo giorno in modo del tutto insignificante, con l'aggiunta di un pizzico di insoddisfazione del quale non riesco a cogliere l'origine.

Non sono completamente serena, ho paura di essere giudicata, ho paura di ingerenze che possano influire sullo scorrere della mia esistenza, ho paura di dover dare spiegazioni. Ho paura non so bene di cosa. Ma già il fatto d'aver paura non mi piace affatto.

Sto vivendo momenti sereni. Sto assistendo in diretta alla nascita di un sentimento che mi ha stupita e lasciata incredula. Sono felice di quello che sto vivendo. Forse per questo ho paura, e come la chioccia con i suoi pulcini, vivo costantemente in allerta, cercando di nascondere e occultare quanto di bello mi sta accadendo, per paura che qualcuno possa distruggerlo, portarlo via ancor prima d'avere l'opportunità di evolversi in qualcosa di più grande.

Tenendo questo atteggiamento mi sembra quasi di tradire coloro con cui non condivido la mia novità, eppure non riesco a confidarmi. Forse perché sono stata io la prima ad essere colta di sorpresa, penso che gli altri non possano capirmi. 
Eppure non c'è niente di male, lo so bene, a 22 anni (quasi 23), dopo un intero anno trascorso a fuggire da ogni potenziale fonte d'amore, nel sentire di nuovo il cuore battere forte accanto ad una persona, nell'emozionarsi per le cose piccole e grandi che si condividono insieme. Non è altro che la dimostrazione palese della mia vitalità, che si era spenta per uno spicchio della mia esistenza.

Forse il fatto d'aver vissuto una storia impegnativa di quasi quattro anni mi aveva resa come una donna sposata da tempo, che provava amore, è vero, ma aveva dimenticato l'innamoramento ed i suoi brividi. 
Forse il fatto di ricominciare a provare questa sensazione vecchia eppure nuova mi rende gelosa di essa e mi porta a non palesarla. 
Forse è che lui mi sta coinvolgendo mentalmente, con la sua intelligenza brillante, quella che mi sa tener testa, ed il suo amore per la cultura, la stessa che amo io.
Forse è che siamo così diversi, per non dire opposti in tante cose... Ma è un'opposizione così cerebrale, così piena di wit, che temo il mondo non possa capire cosa io trovi in lui e cosa lui trovi in me. E pure noi c'abbiamo messo un po' per capirlo, ma ora che l'anagramma è stato risolto (e qui i Baustelle calzano alla perfezione) è diventato tutto banalmente palese... È che abbiamo delle intelligenze molto simili, che magari sfruttiamo in campi e per scopi diversi, ma che quando si incontrano fanno faville.

Con un pizzico di presunzione ed un sorriso un po' supponente ci capita di dire che la nostra unione ci eleva a tal punto da creare un "baratro intellettivo" col resto del mondo. Ci sentiamo dei geni incompresi. O meglio, dei geni che si comprendono tra loro. Ed è stato quasi surreale trovarsi e vedersi sotto una luce diversa così d'improvviso, pur conoscendoci da tempo. È come se persi in una folla al buio avessimo camminato sul palco di un teatro scontrandoci innumerevoli volte senza farci caso. Poi un giorno il tecnico delle luci, che potrei definire un moderno cupido,  ha deciso di spararci addosso tutto il bagliore che aveva in mano, semplicemente per metterci a conoscenza che forse quello che andavamo cercando ce l'avevamo sotto il naso, bastava solo alzare lo sguardo e cogliere dei segni.

Lentamente, durante questa scrittura, l'insoddisfazione si è andata placando, ed ora di nuovo, come quando sono in sua compagnia, non penso più agli altri, ma a noi.
Non posso sapere come andrà a finire, non voglio saperlo del resto. Non si può mai sapere. Non si deve mai sapere. Per ora posso dire che se qualche dubbio l'avevo, ora scrivendo sono riuscita a metterlo a tacere. Di nuovo, è tornata la voglia di vivere come un prezioso dono quello che giorno per giorno potrà darmi questo nuovo capitolo della mia vita, questa nuova persona che ha incrociato il mio cammino. Sono pronta per avventurarmi negli infiniti e sconosciuti spazi del mondo e dei sentimenti.

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