Scrittura contratta.
Me ne sto rendendo conto.
I miei periodi lunghi si sono infeltriti.
Sarà che mi sta entrando nelle vene il ritmo metropolitano.
I cambi di linea sotterranei ritmati dal tacchettio svelto di chi vive in ritardo non appena apre gli occhi.
Di chi vive il ritardo anche quando è in anticipo.
E allora anche i miei pensieri calpestano veloci le scale ed i lunghi corridoi del pensiero.
Corrono su nastri trasportatori chilometrici, che terminano bruschi lasciando d'un colpo i trasportati con l'onere di dover camminare che con le proprie gambe.
Dimezzando la velocità.
Creando ulteriore ritardo.
Inciampano e cadono rovinosamente quando sono privati inaspettatamente dei loro tapis roulant.
Ed io sono lì a raccoglierli.
O meglio, a raccoglierne i brandelli sconnessi.
Non c'è più tempo per articolare il pensiero.
Lampi improvvisi e fugaci. Ma densi. Intensi.
Li colgo. Li raccolgo, prima che sfuggano.
Li annoto.
Ma non riesco a distenderli sulla superficie della parola.
Li lancio. Schizzi di vernice fresca e già secca.
Li lancio. Dopo averli raccolti, li lancio. Qui.
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